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Il ponte. Un crollo de Vitaliano Trevisan

de Vitaliano Trevisan - Género: Italian
libro gratis Il ponte. Un crollo

Sinopsis

Un uomo ha lasciato per sempre la sua famiglia e l'italia. A distanza di anni, la notizia della morte del suo fratello di sangue lo induce a tornare. Nel corso del viaggio mentale, che precede quello fisico, il protagonista, costretto a vagare a ritroso tra le macerie della sua vita, finirà per imbattersi in una verità pericolosa. Raccontando la storia di Thomas, un uomo deciso a fare i conti definitivamente con il passato e col peso della colpa, Trevisan crea un personaggio che nella sua ambigua nostalgia delle radici distrutte dà voce al senso di spaesamento di tutti noi.


Reseñas Varias sobre este libro



Impetuoso flusso di parole/pensieri vomitati da un aspirante suicida, uno che non può fare a meno di ricorrere alla morte (perché si rifugia solo nei pensieri dei morti, e i vivi li uccide continuamente), un coltivatore solitario di quella parole che sente così pesanti, uno che si sente soffocato da tutte le trappole contro cui urla sussurrando all'interno di questo monologo impetuoso, di questo flusso di parole/pensieri vomitati da un aspirante suicida...

Un libro che ho trovato potentissimo, un autore che si schiera, ci mette la faccia, le palle, se ne sbatte, ma si analizza continuamente, perché non può fare a meno di farlo, perché è la sua condanna e ne è consapevole. Il senso di scomodità che si prova leggendo questo libro è forte, perché è sincero, perché ti fa provare cosa significa arrivare alla fine e sentire che a questa non c'è via di fuga.
Morselli l'aveva pur detto. Trevisan lo ribadisce ai contemporanei4 s Marcello S560 243

Ho sempre pensato al suicidio, ma non mi sono mai suicidato, perché non ho mai trovato la forza di farlo, la verità è questa.

E poi evidentemente il coraggio è arrivato.
Terzo romanzo, uscito del 2007, sulla scia lunga del dittico bomba I quindicimila passi / Un mondo meraviglioso e dieci anni prima del monumentale Works.
Bernhard (ovviamente) e Pasolini citati più volte. Derivativo, certo, ma anche a copiare ci vuole classe.
Sottolineature ovunque. Alla fine solo macerie.

[80/100]


© Meglio avere l’accendino e non avere le cicche, male che vada ci si può sempre dare fuoco.
© Tornavo a casa dopo la consueta passeggiata. Ero addirittura di buon umore.
© A un certo punto c’è stato un crollo, scrive Pasolini, spiegavo a Hennetmair, un crollo totale del passato nel presente, cosa che naturalmente ha fatto sì che anche il presente crollasse.
© Le madri italiane, avevo detto una volta a Hennetmair, sono maestre nel coltivare e gestire il senso di colpa che loro stesse instillano nei figli.
© Il tempo che il notaio metta a posto le cose, e poi via, subito, senza por tempo in mezzo. Dedicarmi totalmente ai miei studi, di qualsiasi cosa si tratti.
© Il fatto che abbia sicuramente infilato mio padre in un Bernhard, e più precisamente nell’Origine, oppure nella Cantina, e poi, otto anni più tardi, abbia infilato mia madre nella biografia di Beckett, o nello Straniero di Camus, non ha niente a che fare col contenuto di quei libri, non ha niente a che fare con gli scrittori che li hanno scritti, o col rapporto di detti scrittori con le rispettive madri, che comunque, almeno nel caso di Beckett e di Bernhard, era stato un rapporto spaventoso, e soprattutto non ha niente a che fare col rapporto spaventoso che ho sempre avuto con mia madre, e in definitiva non ha niente a che fare con niente e con nessuno.
© Del resto, penso, questo pensare sempre e di continuo, specialmente al passato, è un sintomo tipico della mia malattia, qualcosa di cui, ne sono certo, non riuscirò mai a liberarmi.
© In fondo, pensai, è esattamente quello che faccio anch’io. Cercare di dare un senso al mio proprio frammento di presente in quanto presente in cui il passato non smette di crollare. Non ho scelta, pensavo, nessuno lo farà per me.
© Se c’è una cosa che funziona negli ospedali italiani, è il servizio funebre.
© Sulle spalle di Pasolini c’è sempre la madre di Pasolini, dissi, è sempre così che me lo immagino: seduto alla scrivania con sua madre appollaiata sulle spalle. Il rapporto di Pasolini con la madre, dissi, il rapporto di uno scrittore con la propria madre: è lì che è racchiuso tutto.
© Ci si sposa e si fanno dei figli per mettersi a posto con la coscienza, e, una volta sposati e una volta fatti dei figli, ci si sente effettivamente a posto con la coscienza, come mio padre non mancava mai di ribadirmi.
© Non mi faccio illusioni, tutto verrà frainteso, come sempre, tutto comunque frainteso.
© Non sono stato pensato per le superfici, ecco tutto. Nessun contatto è facile, per un essere così, e i miei occhi non sopportano più la prospettiva.
3 s trovateOrtensia 232 259

E' chiaramente e volutamente un calco di Thomas Berhnard, e in particolare di Estinzione.
Non ho compreso il senso di questa operazione, e non so se Trevisan l'abbia spiegata e anche replicata in altre opere. Di suo ho letto solo Work, che poco mi è piaciuto.
Molto perplessa, se qualcuno ne sa qualcosa di più o ha opinioni in merito, aspetto volentieri lumi.italia3 s Stefano SolventiAuthor 5 books69

"La verità esiste, ma è sempre in esilio"

Ultimo della trilogia di Thomas, il più amaro e desolato.2 s Claudiu Bogdan13 21

Un librino che ho letto con la consapevolezza indulgente e incuriosita del fatto che esso fu fortemente influenzato di Thomas Bernhard, autore che amo come lo amava anche Trevisan. Quest'ultimo, morto da sua propria mano - mostrando con questo gesto che era più cupo e meno durevole del suo idolo -, menziona abbastanza insistentemente nel “Ponte” che è entrato per caso in contatto con l'opera di Bernhard proprio nel giorno dopo il suo decesso. Si è comprato “Il nipote di Wittgenstein” e più tardi ha scoperto che ne ha scritto sulla prima pagina, la data di acquisto 13 febbraio 1989. Ma, si capisce, Trevisan scrive sui libri di Bernhard più che così. Se questa con la data fu una trovata o la verità, una coincidenza di due biografie che si incontrano per giustificare l'eredità letteraria di Trevisan, non lo so, nessuno lo sa, incluso l'autore che non c'è più. Bisogna pure crederlo. Comunque, questo dettaglio in sé m'ha colpito, perché io sono invece nato il giorno stesso in quale morì Bernhard. A differenza di quante ore, minuti o seconda non ho potuto sapere chiedendo a mia madre e Google. I risposti non sono stati molto soddisfacenti e penso anche a rivolgermi per più di chiarezza alla casa editrice Suhrkamp, con un email o qualcosa del genere. Sebbene abbia letto, riletto e legga ancora Bernhard in lingua originale ed in maniera ossessiva, non saprei come formulare quello email in un tedesco che uso quasi solo per leggere Bernhard e in quale finora ho fatto pochi tentativi deplorevoli di comunicare con esseri viventi di apparenza umana. Come chiedere adeguatamente a Suhrkamp il tempo esatto della morte di Bernhard, senza sembrare che io solo faccia una piccola burla bernhardiana? Sarei forse più convincente se insieme all’email, mandassi una foto con me, con in mano i miei documenti, dove si vede chiaramente la data di nascita 12 febbraio 1989, una selfie commovente di fronte al regalo dove ho i libri di Bernhard in quella edizione elegante e costosa in quale io ho osato comprare solo i miei libri preferiti di lui, usati, a buon mercato, essendo un lettore povero che non può permettersi acquistare nuove tutte le Werke del suo maestro. I miei documenti sono comunque pagine scritte della mia modesta biografia, il mio passport è tuttavia un mio libriccino ufficiale incontestabile, non come quello di Trevisan, finzione che è già per la sua natura contestabile. Comunque, il suo librino pesa certamente più del mio e convince più che un semplice fatto biografico attestato. E sopratutto, non chiede niente a nessuno.

Man mano leggevo “Il Ponte”, la curiosità indulgente che avevo per il nipote di Bernhard diminuiva, e cresceva il tedio che sentivo davanti a questo testo abbastanza superfluo. Era come se leggessi una traduzione libera del romanzo Auslöschung, con la sua dimensione ridotta 4 volte e la sua sostanza ancora molto di più e con un paio di personaggi nuovi aggiunti. Ma nonostante, sul “Ponte” passava e sotto “Il Ponte” scorreva più Bernhard che Travisan! In alcuni momenti mi sentivo proprio come se avessi domandato a Chat GPT: fammi un libretto di Bernhard all'italiano. Mi dispiace, ma sono stato deluso. Se non avessi letto e amato Bernhard tanto come anche Trevisan lo amava (forse un amore troppo grande per entrambi), quest'ultimo sarebbe stato il mio autore italiano preferito. Ma così, quello è, dopo il poco che ho letto finora in questa lingua, il mio zio Manganelli…2024 read-in-italian1 Anna || librilys49 7

Voglio molto bene a Trevisan, questo ormai è certo. Dopo aver letto “I quindicimila passi. Un resoconto”, ho deciso di procedere con "Il ponte. Un crollo”. I due libri sono a dire il vero molto simili come struttura e tematiche: entrambi sussistono in un flusso di coscienza che per prima cosa si profonde in invettive contro l’Italia, in particolare il Veneto, la chiesa, i media. Poi ci si avvicina ad un introspezione più profonda, in cui il protagonista si confronta con il suo lato più oscuro, delineato soprattutto da conflitti famigliari. Il tutto con un tono schizofrenico e ossessivo, che diventa via via più opprimente. Nonostante le grandissime somiglianze, non direi proprio che questo mio secondo approccio con l’autore sia fallito, anzi. Ciò che rende così godibili i libri di Trevisan è innanzitutto la scrittura di alto livello; inoltre è squisitamente arrabbiato e violento nel trattare i temi a lui più cari e questi sono per me i suoi più grandi punti di forza. Detto ciò, non sempre ciò che dice è così originale e incisivo, c’è qualche calo qui e là almeno nei due volumi che ho letto finora. Per questo motivo non penso siano perfetti, ma tutto sommato mi piace lo stesso moltissimo. Non vedo l’ora di leggere quello che è considerato il suo capolavoro, “Works”, e penso che lo farò molto presto. Mi dispiace non poter fare ancora un paragone tra lui e Bernhard, suo esplicito modello, perché ancora non l’ho letto, ma “Il soccombente” è tra i prossimi sulla mia lista.3 s Stefano Rigon20 1 follower

“In realtà, pensavo, mia madre e mio padre si sono sposati per dovere, per educazione, per cosí dire, perché ci si sposa e si fanno dei figli, cosí come dice di continuo la chiesa cattolica, che in Italia è sempre dietro ogni cosa, ma soprattutto è dietro questa questione della famiglia, del matrimonio e dei figli. Ci si sposa e si fanno dei figli per mettersi a posto con la coscienza, e, una volta sposati e una volta fatti dei figli, ci si sente effettivamente a posto con la coscienza, come mio padre non mancava mai di ribadirmi. Fino all'ultimo, sul letto di morte, mio padre non mancava mai di ripetere, a cadenze regolari, una delle sue frasi preferite: Il mio dovere l'ho fatto. E in quel dovere rientravo anch'io, che infatti mi sono sempre e del tutto sentito come un frutto del dovere, piuttosto che un frutto dell'amore […].”1 Maurizio MancoAuthor 6 books112

“Essere senza esserci, pensai, è sempre stato questo il mio problema, da che sono stato gettato nel mondo. […] Muoversi con leggerezza, non spostare mai nulla, e se per caso si sposta qualcosa, essere in grado di rimettere tutto com’era. Far sì di non essere trovati, da vivi come da morti. Non lasciare tracce.” (p. 140)
favourite1 dv1,310 50

Dopo Un mondo meraviglioso e i quindicimila passi, torna Thomas e qui il tema è, da sottotitolo, il crollo - di un Paese e di una cultura da cui il protagonista è fuggito. Opera del 2007, mai come prima/dopo qui T. si scaglia contro l'istituzione della famiglia e, in particolare, il matriarcato fondato sulla trasmissione della colpa. Lo stile del monologo è quello già visto nei libri precedenti, ancora una volta con espliciti rimandi a Bernhard (compaiono anche alcuni "piuttosto che" usati male, cosa che altrove non sopporterei ma che a T tutto sommato perdono). Ancora una volta, T. sta parlando di sé e della propria famiglia, come poi farà esplicitamente con Works. Nessuna ironia, tanta rabbia.narrativa Simona MoschiniAuthor 5 books41

Un'altra conferma della bravura di Trevisan.italian-fiction Frabe1,095 46

Vitaliano Trevisan racconta qui "alla Bernhard" la storia di un inquieto, "un essere solitario che non sopporta la solitudine, ma sopporta ancora meno gli esseri umani" e a cui pure il suo paese, un'Italia sempre più decadente, risulta infine indigesto, e da abbandonare...
Vitaliano Trevisan (1960-2022) se n'è andato pochi mesi fa: una voce forte che abbiamo perso troppo presto.1 Elalma811 87

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