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Niente di vero de Veronica Raimo

de Veronica Raimo - Género: Italian
libro gratis Niente di vero

Sinopsis

La lingua batte dove il dente duole, e il dente che duole alla fin fine è sempre lo stesso. L'unica rivoluzione possibile è smettere di piangerci su. In questo romanzo esilarante e feroce, Veronica Raimo apre una strada nuova. Racconta del sesso, dei legami, delle perdite, del diventare grandi, e nella sua voce buffa, caustica, disincantata esplode il ritratto finalmente sincero e libero di una giovane donna di oggi. "Niente di vero" è la scommessa riuscita, rarissima, di curare le ferite ridendo. «All'inizio c'è la famiglia. Veronica Raimo racconta che, specialmente se si è figlie, quell'inizio combacia con la fine» (Domenico Starnone). «Leggere questo romanzo è una festa. Ma molte pagine sono ferite da medusa: bruciano alla distanza» (Claudia Durastanti). Prendete lo spirito dissacrante che trasforma nevrosi, sesso e disastri famigliari in commedia, da Fleabag al Lamento di Portnoy, aggiungete l'uso spietato che Annie Ernaux fa dei ricordi: avrete la voce di una scrittrice che in Italia ancora non c'era. Veronica Raimo sabota dall'interno il romanzo di formazione. Il suo racconto procede in modo libero, seminando sassolini indimenticabili sulla strada. All'origine ci sono una madre onnipresente che riconosce come unico principio morale la propria ansia; un padre pieno di ossessioni igieniche e architettoniche che condanna i figli a fare presto i conti con la noia; un fratello genio precoce, centro di tutte le attenzioni. Circondata da questa congrega di famigliari difettosi, Veronica scopre l'impostura per inventare se stessa. Se la memoria è una sabotatrice sopraffina e la scrittura, come il ricordo, rischia di falsare allegramente la tua identità, allora il comico è una precisa scelta letteraria, il grimaldello per aprire all'indicibile. In questa storia all'apparenza intima, c'è il racconto precisissimo di certi cortocircuiti emotivi, di quell'energia paralizzante che può essere la famiglia, dell'impresa sempre incerta che è il diventare donna. Con una prosa nervosa, pungente, dall'intelligenza sempre inquieta, Veronica Raimo ci regala un monologo ustionante. «Veronica Raimo è l’unica che mi ha fatto ridere ad alta voce con un testo scritto in prosa da quando ero adolescente» (Zerocalcare).


Reseñas Varias sobre este libro



Scrivere qualcosa di vero è la cosa più difficile che esista. Chi romanza tende ad assumere pose, anche quando sta scrivendo di se stesso (forse soprattutto quando sta scrivendo di se stesso), anche quando scrive il racconto della propria crescita in una famiglia disfunzionale.

In questo caso l'autoritratto di Veronica Raimo (impareremo a chiamarla anche noi Verika o Oca, come il padre) è la perfetta sintesi tra simulazione e autenticità. Non è completamente autofiction né completamente romanzo, è una manipolazione, un gioco con la storia di sé, del proprio materiale biografico. Abbastanza costruito da scegliere gli aneddoti più esilaranti della propria infanzia e farci autoironia ma abbastanza sincero per ammettere anche quanto dolore, imbarazzo e ferocia c'erano dietro ogni singolo atto comico (che poi sarebbe stato troppo facile trasformare tutto in semplice umorismo col senno di poi).

"La maggior parte dei ricordi ci abbandona senza che nemmeno ce ne accorgiamo; per quanto riguarda i restanti, siamo noi a rifilarli di nascosto, a spacciarli in giro, a promuoverli con zelo, venditori porta a porta, imbonitori, in cerca di qualcuno da abbindolare che si abboni alla nostra storia. Scontata, a metà prezzo. La memoria per me è come il gioco dei dadi che facevo da piccola, si tratta solo di decidere se sia inutile o truccato".

Intelligentemente, dopo essere stata accusata di avere una scrittura "algida" (concordo), Raimo corregge il tiro e va più vicino al cuore, raccontando la sua famiglia, l'idioletto e le idiosincrasie di ciascun membro: il padre che reitera l'espressione "siamo al paradosso" quando non serve, la madre e la sua ansia, il sentimento di rivalità e complicità con il fratello genio e così via.

C'è un sapiente bilanciamento tra tenerezza e ruvidità. Proprio quando sta virando verso una narrazione compiaciuta delle proprie scelte sbagliate e dei propri difetti congeniti (il "sonolapeggioreenonchiederòscusa" alla Fleabag), ripiega verso un'operazione meno altezzosa (l'aggettivo più giusto sarebbe menosa) di sottrazione: togliere dall'immagine che abbiamo di noi gli strati e strati di difesa che mettiamo tra noi e gli altri, togliere le battute autoironiche, togliere i tempi comici, togliere il tono ilare e dissacrante per lasciare solo l'essenziale. Una briciola di verità. Niente di vero, tranne Veronica. donne italiana memoir370 s Nood-Lesse348 219

Tre ore di supplenza

Ho seguito la storia di Veronica Raimo con l’interesse con il quale si segue il rumore di uno scooter in lontananza, quando le accelerazioni alterano la monotonia del ronzio. È un libro che si legge con la bocca strizzata come nella foto in copertina, non è un libro pesante, non è un libro irritante, non è un libro divertente (nonostante lo sfoggio di simpatia) è un libro neutro, a me non ha provocato effetti diretti o collaterali.
Ho atteso speranzoso di essere compartecipe, ho creduto che da questo momento in avanti sarebbe iniziata una lettura diversa

Era la prima volta che avevo ricordi distinti di quando lui aveva la mia età. Avrei voluto parlare di questo per telefono, di quanto fosse sorprendente diventare coetanea di un’immagine che avevo di lui, confrontarmi con quell’immagine.

Sta parlando di suo padre che è deceduto, è ciò che succede quando si perdono i genitori, si raffronta la nostra vita alla loro, all’immagine che conserviamo di quando avevano la nostra età.
È stata un’illusione, il ronzio è ripreso e con esso la fatica di portare avanti la lettura, una fatica da giorni di supplenza; vi ricordate quando a scuola c’erano tre ore di buco? le restanti due erano intollerabili, per assurdo quelle giornate erano più faticose di quelle canoniche. Non mi spiegavo perché il libro non scorresse, perché non vedessi l’ora di finirlo, poi ho letto:

Per me scrivere è essenzialmente questo. Scrivo cose ambigue e frustranti.

Forse è proprio ciò che mi ha disturbato fin dall’inizio, forse da subito mi è sembrato che non vi fosse verità o che ve ne fosse solo una quota limitata, che fosse un libro costruito al punto di potersi permettere di imbarazzare parenti e amici, che tanto delle persone raffigurate erano solo gli spunti. Un diario finto come quello che Veronica sostiene di aver scritto da bambina per depistare sua mamma.
Il mio commento in fin dei conti è solo la conferma della giusta intuizione di Veronica:
se c’è una cosa bella – o brutta – nel parlare di letteratura è che si rivela sempre un pretesto per parlare d’altro.141 s The boomer-siamosempreiboomerdiqualcuno58 5

Esistono scrittori che sanno scrivere e scrittori che sanno narrare, raramente le due cose coincidono. Veronica Raimo sa scrivere, ma sembra quasi che in questo libro non abbia niente da raccontare. I microeventi di cui parla sono occasioni per ostentare un'abilità fine a se stessa. Miden mi era piaciuto, e invece qui anche lei non ha saputo resistere alla ricerca generazionale del trauma come pretestuosa occasione di scrittura.82 s Lucrezia27 34

Sicuramente è un problema mio, magari sono solo stanca di leggere questi libri dal taglio confessionale, autofinzionale, intimistico fino all'eccesso, ma la verità è che oltre a un certo voyeurismo letterario e il sodalizio simpatizzante per un certo vissuto sudaticcio non c'è nient'altro. Oltre a questo, che magari a volte fa anche sinceramente ridere, si esaurisce già tutto quello che il libro ha da dire. Senza snobismo, veramente la letteratura è questo?
In alcuni punti mi ha ricordato tantissimo - come sensazioni nella lettura - Atti di sottomissione di Megan Nolan. Stessa sensazione di disagio.
Quindi, sicuramente è un problema mio, ma veramente alla lunga all'editoria conviene puntare su questa china letteraria? Boh 50 s Juan NaranjoAuthor 8 books3,136 Read

NADA ES VERDAD me ha parecido una de esas novelas que te hacen disfrutar, con mayúsculas, de la literatura. Me ha parecido una obra explosiva, afilada y divertidísima. Me ha recordado, y eso es mucho decir, a la mejor Elvira Lindo, al mejor Gerald Durrell.

Veronica Raimo analiza a su familia (y, sobre todo, a sí misma) como una naturalista que posee un juego de lupas que, en lugar de aumentar la realidad, la deforma para convertirla en algo divertido, adictivo, hipnótico. Me he tragado este libro en dos sentadas y me ha parecido un regalo perfecto para cualquiera que quiera reconectar con el placer de la lectura.

Porque la casa de Raimo es la de todos. Y sus neuras. Y sus padres. Y su monólogo interior. Con NADA ES VERDAD he descubierto a una autora a la que estoy seguro que devoraré durante mucho tiempo. 50 s3 comments La Libridinosa569 189

- NIENTE DI VERO di VERONICA RAIMO -

“Non ho mai riso così tanto… Uno dei libri più divertenti che abbia mai letto…”.
Tutte le volte in cui sono incappata in qualche recensione o ho parlato con qualcuno di Niente di vero, i commenti sono stati sempre gli stessi: ironico, divertente, esilarante.
E dopo aver affrontato più di una lettura “tosta” dal punto di vista emotivo, qualche risata e un po’ di sana ironia erano le cose che cercavo anche io… e che sto ancora cercando, in verità!

Tre sono le ore che ho impiegato per leggere questo memoir (finto?) col quale l’autrice ci conduce all’interno della sua vita e della sua famiglia d’origine; una famiglia nella quale ogni personaggio pare costruito a tavolino per inserirsi perfettamente in un quadro di “imperfezione macchiettistica”.

Raimo si definisce una “talentuosa ma senza vocazione” e a farne le spese siamo noi lettori, che ci impantaniamo in una raccolta di pensieri casuali e insensati, alla base dei quali si percepisce la totale assenza di un progetto narrativo.
Un fluire incostante di aneddoti spezzettati, il cui emblema, per quanto mi riguarda, è racchiuso nel racconto della stitichezza dell’autrice: leggere questo libro è come andare in bagno in preda a un forte mal di pancia e… basta!

Si arriva a fine libro sfiancati, sfiniti e quasi ci si chiede perché ci si sia ostinati a terminarlo: perché è corto, ecco perché!
Ciò che colpisce maggiormente è la simpatia forzosa che Raimo dimostra. Per tutto il tempo ho avuto l’impressione di avere a che fare con una di quelle persone che spiegano le barzellette quando le raccontano.
C’è differenza tra saper scrivere e saper raccontare una storia; e se, forse, Raimo sa maneggiare una penna, certamente non si può dire che sappia farlo per narrare una storia.

Si lascia questo libro con la faccia un po’ ingrugnita e l’impressione di aver sottratto tempo ad attività decisamente più proficue e piacevoli!45 s Roman Clodia2,593 3,430

In my family, each of us has our own way of sabotaging our memory out of self-interest. We've always manipulated the truth as though it were an exercise in style, the fullest expression of our identity. At times we at least give ourselves the benefit of the doubt regarding our acts of sabotage, keep within us a tiny gleam of the truth so we can re-establish exactly how events actually occurred, but far more often the opposite happens: we forget the initial lie or the very fact that it's a lie to begin with.
I adored everything about this book! It's far more difficult than it looks to write this kind of easy-seeming, breezy narrative that is constructed to appear spontaneous and a bit ramshackle, the free-wheeling thoughts of a woman thinking about her family and skipping between past and present - and Raimo pulls it off immaculately, with humour and heart.

At first glance, I was reminded of Natalia Ginzburg's Family Lexicon (I later saw that this relationship was mentioned in the blurb of the US edition) and there's certainly a dialogue going on between those two books: Raimo's use of reiterated phrases that have specific meanings within the family circle, for example, and - of course - the centrality of the family. But family identity means something different at the time when Ginzburg was writing: hers was a Jewish-Italian family living under the increasing predations of Mussolini's regime when identity was the root cause of persecution and the family, consequently, a defiant stronghold of anti-fascist resistance. Raimo is doing something quite different.

For the narrator (and I've heard Raimo say she both is and isn't Raimo herself), the family is a site of conflict in quite a different, personal sense. For all its humour (and this book is genuinely funny in a wry, sometimes snarky way), this engages with issues of how perceptions of the self are moulded and shaped by the family experience, whether in terms of roles and, specifically here, gender. For the narrator who doesn't fulfil the family blue-print of what it means to be a woman - no maternal urge, not married, a precarious existence as a writer, not even being the 'right' weight and shape - this social grouping can be as much a confinement to kick against as something that can envelop and nurture.

Which doesn't make this book cold at all - for all the penetrating psychology of (female) identity, this also has acute moments of genuine emotion, especially around the memories of a dead and wonderfully eccentric father - and that, too, comes back to Ginzburg, reconstructing a family lost.

As the book develops, this theme of fiction, narrativisation, lies (and isn't literature just creative and imaginative lying?) and performativity comes more to the fore. Everything about this book just spoke to me and I loved every second of its company.women-in-translation46 s1 comment fdifrantumaglia187 50

Apprendo oggi che io e Zerocalcare non ridiamo delle stesse cose.44 s Siti336 126

Ho approcciato questa lettura scegliendo tra i dodici finalisti candidati al Premio Strega, anche nell'estremo tentativo di sciogliere il pregiudizio sul contemporaneo italiano. Non sono riuscita ad apprezzare il lavoro dell'autrice, sebbene a tratti mi abbia divertito, soprattutto all'inizio, quando con tono scanzonato propone la sua bizzarra famiglia, indugiando spesso sul suo essere bambina, particolare e diversa rispetto alle altre. Mi ha poi stancato questo tono comico e man mano che la bimba si è fatta adolescente, arrivando poi allo stadio di donna, la lontananza si è fatta incolmabile. Ha contribuito sicuramente la dichiarazione di poetica - in fondo già presente nel titolo che si riferisce a Vero quale diminutivo di Veronica e sinonimo di verità - consistente nel confondere il lettore preavvisandolo che quanto raccontato forse oscilla tra il piano della realtà e quello della finzione, unita a un universo di esperienze che mi sono sembrate lo specchio di un essere irrisolti che non ha nulla di poetico ma solo il retrogusto tragico di un fallimento generazionale.42 s Pavel Nedelcu369 122

NIENTE DI STRAORDINARIO

Contenuti di grande importanza per la società attuale: una famiglia disfunzionale, patriarcato e maschilismo, impossibilità di essere capiti e farsi capire, ecc. Ma la forma infelice, trama assente, struttura "un po' come viene, vedete voi" una leggerezza della voce narrante (immancabilmente in prima persona - anche basta, vi prego!) che non ti fa partire l'empatia; al massimo un embolo.

Sto ovviamente esagerando e semplificando, per dire che questo libro non mi ha offerto un gran che - non mi è piaciuto perché è stato inconcludente: dall'inizio alla fine. Una prima pagina scritta perfettamente, ti da l'impressione che manterrà lo stesso tono, che, insomma, da qualche parte si andrà, sia per quanto riguarda l'evoluzione dei personaggi, sia dal punto di vista della trama.

Invece si perde quasi subito in continui ricordi non elaborati sufficientemente per far capire qualcosa al lettore, o quanto meno alla voce narrante, della donna scrittrice che racconta della sua famiglia, della preferenza della madre per il fratello, dell'ossessione del padre per l'igiene, del bel legame (l'unico) con il nonno, della costipazione (fisica) e le relazioni più o meno inconcludenti, della famiglia allargata pugliese, ecc. ecc.

Non basta, mi dispiace, ma non basta una serie di scene e scenate mal collegate a fare di un libro, qualsiasi libro, qualcosa di interessante - e neanche un romanzo. Non quando manca la profondità, quando testualmente e strutturalmente sfugge l'intenzione e l'obiettivo dell'opera. Non basta una nota finale in cui la narratrice ammette di scrivere "cose ambigue". Si deve fare sul serio. Soprattutto quando si arriva nella cinquina finale allo Strega. Si deve fare sul serio...italian-literature38 s LaCabins156 23

Niente di nuovo nel panorama letterario, avrebbe potuto chiamarsi questo romanzo.
Un respiro profondo prima di partire con questa recensione.



Partiamo dalla critica entusiasta, che l'ha definita la Annie Ernaux italiana, la novella Fleabag (!!!!!). Ora, forse ho in mente altri autori e altre serie televisive, altrimenti non riesco proprio a capire da dove sia uscito questo paragone. Evidentemente leggere di una protagonista timida che usa la sagacia per difendersi, che cazzeggia senza obiettivi e che in 40 anni, per sua stessa ammissione, non ha ottenuto nulla li ha fatti sganasciare dalle risate.



Ma passiamo al testo vero e proprio. Ho letto l'edizione kindle di 147 pagine e ci ho messo 3 giorni: ogni 40 pagine scarse dovevo posare l'aggeggio e andare a fare due passi per sfogare la frustrazione. Avrei volentieri dato fuoco alle pagine, se fossero state cartacee.
Qualche rapido esempio:
Non ho mai più avuto una persona che mi stringesse le mani mentre pativo sulla tazza del cesso. Chiederlo non è facile. Mi sono restate solo la solitudine e l’inadeguatezza. Ogni volta che vado incontro a quell’afflizione, comincio a rileggere tutta la vita in questi termini: un conflitto costante tra abbandonare qualcosa e cercare di riprenderlo. La maledizione perpetua della terra di mezzo.

Ho letto parecchie sciocchezze nella mia vita, ma la metafora della stitichezza (con dovizia di particolari sul metodo risolutivo, che non manchi mai!) come paragone dei rapporti interpersonali mi mancava. Veronica, perdona la franchezza, ma vai a cagare .

Passiamo poi ad altri temi profondi, come il confronto con il fratello -sempre migliore di lei in tutto e per tutto-, l'affetto sbiadito per il padre e la malcelata incapacità di tollerare la madre. Dinamiche familiari trite e ritrite, con l'aggravante di non esser nemmeno raccontate bene.
Abbiamo capito che la mamma è paranoica e ansiosa, milioni di mamme sono così: cosa ha fatto la protagonista per affrancarsi dal giogo matriarcale? Nulla.
Cosa ha fatto per tranquillizzarla? Nulla, è scappata in giro per l'Europa ed il Sudamerica a cazzeggiare.

Questo romanzo si presenta come genere di formazione: ma quale formazione può mai venire da queste pagine? Voleva rappresentare i dolori di una intera generazione, ma se penso ai 40enni di oggi mi auguro e spero di cuore non siano tutti dei completi cazzari come la nostra eroica protagonista. Ogni singolo tema trattato nel romanzo viene buttato tra le pagine, intravisto con il binocolo letterario e mai affrontato, poi abbandonato per ricomparire per altre due pagine e, infine, liquidato. Ma vuoi sapere la cosa più frustrante? Alla protagonista sta bene così, tutto è perfetto nel suo mondo, tutto è in fiamme ma nulla la tange minimamente.



Chiudo così una delle pochissime recensioni da 1 stella che abbia mai consegnato all'etere.
Se penso che potrebbe pure vincere il premio Strega 2022 mi vengono i brividi.38 s rockandfiocc48 2,709

Veramente bello e ben scritto35 s ?pek Dadakç?243 251

Çok samimi, ince mizah anlay???yla acayip keyifli ve komik, a?ina durumlar? zekice ve incelikli anlat?m?yla herkesin kendinden bir ?eyler bulurken nostaljiye kap?lmak, kahkaha atmak, ‘yaa sahiden bu da hep böyle oluyordu’ diye tespitlere hayran kalmak gibi duygular aras?nda gidip gelerek okunan, çok ama çok be?endi?im bir novella Yalan Dolan.

Yazar?n hayat?yla hayal dünyas?n? birle?tirdi?i yani k?smen otobiyografik bir hikaye. Ba?tan sona bir kad?n anlat?c?n?n monolo?u. Anlat?c?m?z, çocuklu?u ve gençli?inden ba?layarak, hayat?n?n farkl? dönemlerini çe?itli anekdotlarla anlat?yor. Fakat öyle muazzam seçilmi? ve o kadar etkileyici bir anlat?mla aktar?l?yor ki bunlar, okurken anekdot okuyormu? gibi de?il de ba?tan sona hayat?na tan?kl?k ediyormu?sunuz gibi hissediyorsunuz. Çok ince bir mizah anlay??? var yazar?n, hepimize bir yerden a?ina olan durumlar? öyle muzip bir ?ekilde, inan?lmaz tespitleri dahiyane ve komik cümlelere dökerek öyle bir anlat?yor ki hem kendi geçmi?inize çok keyifli bir yolculu?a ç?k?yorsunuz, hem de hüzünlenmek bir yana epey e?leniyorsunuz bir yolculuk boyunca.

Hayat?n çe?itli dönemlerindeki bu keyifli yolculukta bonus olarak da önce bir k?z çocu?u olmak, sonra bir genç k?z ve en nihayetinde genç bir kad?n olmakla ilgili hemen hemen tüm durumlar? de?iyor Veronica Raimo: küçük bir k?z?n a?k? ve cinselli?i ke?fi, büyükanne ve büyükbabas?yla ili?kileri, arkada?l?klar?, hayal k?r?kl?klar?, annelik, ikili ili?kiler, büyüdükçe de?i?en aile ili?kileri ve dinamikler ve daha neler neler. Arka kapakta ‘a??r? kontrolcü bir anne’ ve ‘tak?nt?l? bir baba’ diyor ama bence hepimizin kendi ebeveynlerinden çok tan?d?k gelecek tav?r ve davran??lar da var, yer yer tebessümle kimi zaman kahkahalarla okudum buralar?.

S?cac?k, çok keyifli, çok e?lenceli. Ne yalan söyleyeyim bu kadar?n? beklemiyordum, çok ama çok sevdim. Okuyun, bence pi?man olmazs?n?z.


“An?lar?m?z?n ço?u biz fark?na varmadan terk eder belle?imizi; geri kalanlar? biz yeniden doldururuz, çevreye saçar?z, ?evkle abart?r?z, kap? kap? dola?an seyyar sat?c?lar gibi methederiz, hikâyemize kulak verecek birini arar?z. ?ndirimli, yar? fiyat?na.” (s. 165)

“Her zaman gerçe?e kendi yorumumuzu katma yollar?n? arar, gerekirse manipüle ederiz. Kimi zaman gerçe?i baltalarken kendimize bir ?üphe pay?, olaylar?n do?rulu?unu belirleyebilecek ince bir aç?kl?k b?raksak da genellikle tersi olur: Ba?lang?çtaki yalan?m?z? ya da yalana yol açan esas olay? tamamen unuturuz.” (s. 160) 29 s1 comment Korcan Derinsu285 120

4.5/5

Yalan Dolan, 40’l? ya?lar?n ba??nda yazarl?k yapan bir kad?n olan Verika’n?n (annesi yazar? böyle ça??r?yormu?) kendi a?z?ndan anlatt??? anekdotlardan olu?uyor. Kontrol hastas? babas?ndan ve kayg? yuma?? annesinden söze ba?layan Verika, genelde çocukluk, ergenlik, ilk gençlik y?llar?n? anlat?yor bize. Bunu yaparken hayat?n içinde olan her ?eye (a?klar, arkada?lar, hayaller, hayal k?r?klar? vs.) güzelce de?iniyor. Roman? ilginç k?lan unsur ise anlat?lanlar?n do?rulu?una dair herhangi bir garantimizin olmamas?. Yazar?n kendisi gibi yazarl?k yapan abisi d???nda anlatt??? her ?ey gerçek olabilece?i gibi “yalan dolan” da olabilir. Yer yer bize okudu?umuzun kurgu oldu?unu hat?rlatsa di?er yandan gerçekmi?çesine dört elle sar?l?yor hikayeye. Bunu yaparken de kendine has muzip bir üslup kullan?yor. Bu da okudu?umuz ?ey ne kadar ciddi olursa olsun her yerde tatl? tatl? tebessüm etmemizi sa?l?yor. Ba?kas?n?n elinde belki daha karanl?k bir metne dönü?ebilecekken hiç de öyle olmuyor ve ortaya kolay okunan, “hafif ama derin” bir metin ç?k?yor. Do?rusu uzun zamand?r bu kadar iyi hissederek tamamlad???m bir kitap olmam??t?. Tüm dünyada çok satan kategorisinde yer alan bu roman?n 2024 Uluslararas? Booker Ödülleri Uzun Listesi’ne de kalmas? kesinlikle tesadüf de?il yani. Çok sevdim. 2024 kütüphane27 s2 comments Tittirossa1,005 273

Vedo gli hype che montano e mi dico che non posso sempre fare la snobbona e non leggere queste fulgide perle della letteratura contemporanea italiana, e poi l'abbonamento a Audible cosa l'ho fatto a fare? Per sfruttare i 10+10+10+10 minuti di auto quotidiani, che alla fine non sono pochi!

E allora mi metto a compulsare la libreria e perchè no, questo mi sembra perfetto, è corto e non mi dà l'idea che richiederà molta attenzione.
Ahimè la realtà supera le aspettative.

"Io e mio fratello siamo diventati scrittori"
"Io sono brava a raccontare balle"

Come era la storia del paradosso cretese?

Ecco, è vera la seconda.

Ma perché perché perché in Italia è così importante essere "scrittori"? Avere un libro stampato (foreste disboscate), concorrere a premi (conventicole), andare in tv a parlare della propria opera (risibile), fregiarsi di questo titolo (scrittore) supera qualsiasi altro (il premio Nobel per avere sconfitto il cancro non può competere col petto gonfio, il sorriso giocondesco, il labbro che pronuncia "l'ho scritto di getto-con-tormento-c'è-tutta-me-stess*-è-fiction).
Perché se quello che si scrive andrebbe giusto bene non dico per una rubrica ma per un post su un blog/social, qualcosa di volatile, non duraturo, una chiacchera quotidiana inutile, ma magari al posto di splendere soldi nello psicologo, perché se ne vuole trarre un libro e pubblicare con un editore famoso?

Perché non leggere tanto WoodyAllen o Sedaris o qualche altro veramente bravo, fermarsi e dirsi: ehi, io non gli allaccio le scarpe, continuo a fare la (inserire lavoro a caso).
Perché competere con un fratello la cui scheda di Wikipedia inizia con Consegue nel 1993 la maturità classica presso il liceo "Orazio" di Roma. Si laurea con lode nel 2002 in filosofia all'Università di Roma "La Sapienza".

Il libro si ascolta con una alternanza di noia (non sa scrivere, cioè non sa creare una narrazione che vada oltre il frigno e la descrizione fintamente ironica) e irritazione (ma dai, se vuoi sputtanare i tuoi famigliari, serve un certo stile, una verve che faccia dimenticare che stai irridendo chi ti sta attorno e ti sopporta).

Sono a metà, ne ho abbastanza 01_audiolibro 04_ci-provo-con-gli-italici 10_brutto-senza-rimedio24 s16 comments lise.charmel412 172

Memoir molto spassoso che omaggia in maniera evidente altre opere realizzate in Italia prima di questa.
Si legge in un pomeriggio, volendo e a parer mio è scritto e strutturato in un modo che non viene da mollarlo lì per giorni.
E' molto divertente, nel senso caricaturale della parola: fa la parodia della famiglia in tono burlesco e molti aneddoti che racconta sono narrati anche in tono spassoso (anche se poi ti vien da pensare che su alcune cose ci sarebbe poco da ridere).
Altri invece no, che mentre stai ridendo per una cosa te ne racconta un'altra drammatica e tu stai lì a beccarti lo schiaffone in faccia, in maniera del tutto inaspettata.
Il concetto di vero-falso fa da guida a tutto il libro, nel senso che non solo si tratta di autofiction, ma anche che lei mentiva regolarmente a chiunque (o almeno così racconta), barava ai giochi con suo fratello da piccola, scriveva lettere con contenuti inventati alla sua amica lontana eccetera.
Quindi tutto tiene fede al titolo del libro, come se la sua vita fosse stata una serie infinita di menzogne, anzi l'autrice quasi sfida il lettore a indovinare quello che potrebbe essere vero.
Man mano che il testo avanza il tono buffonesco si fa sempre più da parte per entrare in un'analisi più seria - verrebbe da dire autentica... ma ovviamente no - su cio che è vero e ciò che è falso delle nostre vite, recuperando in intensità, facendo in modo che qualcosa al lettore resti, oltre l'essersi fatto quattro risate.
Io l'ho trovato interessante, fuori dai percorsi battuti, forse non da premio ma mi fa piacere che sia in dozzina.
contempranea narrativa-italiana storie-di-donne25 s Aurora117 89 Read

Tutto questo enorme filo di tristezza che è punto focale e di forza di cui nessuno parla quando capita di dover raccontare questo testo. Ma perché non viene evidenziato? Il divertimento spesso è tragicomico. 24 s Fra138 134

"Cosa potevo dimostrare io a quindici anni con le mie calze a rete strappate se mia madre girava con la gonna completamente aperta sul culo? Se provavo a farglielo notare, mi rispondeva: -Ah, è arrivata la principessa sul pisello. La cosa peggiore di quella risposta è che non era pertinente, ma al tempo stesso non era nemmeno del tutto astrusa. Cioè, la principessa sul pisello non c'entrava granché, ma un po' c'entrava, ed era quel poco a farmi sentire una ragazzina inutilmente puntigliosa e rompipalle."

Bellissimo, ho riso fino alle lacrime per tutta la prima metà, l'infanzia di Veronica mi ha ricordato la mia, poi si è aggiunto qualcosa di malinconico e tenero e tipico di quando finisci per ricordare con affetto momenti passati che tanto belli poi non erano, e l'ho apprezzato ancora di più. Consiglio a chi ha letto e amato L'idiota di Elif Batuman perché io ci ho trovato tanti elementi in comune, Selin e Verika sarebbero sicuramente andate d'accordo.

"Avrei desiderato tanto avere dei momenti così nella mia vita. Dire a Cecilia perché non sono andata a Villa Borghese alle dieci di mattina. Far sapere a nonna Muccia che oggi contemplo con devozione il ragù sul fuoco. A volte metto persino l'uovo dentro la carne. Eppure come si fa a riconciliarsi con qualcosa o qualcuno se i propri ricordi sono sfumati? Se mutano nell'atto stesso di formarsi? Possono toglierci tutto tranne i nostri ricordi, si dice. Ma chi mai sarebbe interessato a questa espropriazione? La maggior parte dei ricordi ci abbandona senza che nemmeno ce ne accorgiamo; per quanto riguarda i restanti, siamo noi a rifilarli di nascosto, a spacciarli in giro, a promuoverli con zelo, venditori porta a porta, imbonitori, in cerca di qualcuno da abbindolare che si abboni alla nostra storia. Scontata, a metà prezzo. La memoria per me è come il gioco dei dadi che facevo da piccola, si tratta solo di decidere se sia inutile o truccato."autrici italiani libri-brevi22 s Marco Cioni3 485

Dentro ci ho trovato un po' di Fleabag, ma con un disagio che a tratti invece di farmi ridere ha generato in me la forte volontà di entrare nel libro e menare uno o più personaggi, cosa che può sembrare negativa, ma che non lo è necessariamente. Se volete ridere e allo stesso tempo generare nel vostro animo la furia necessaria per una rissa, allora è il vostro libro.21 s Sara Morelli649 58

Un ottimo esempio di autofiction che per molti versi mi ha ricordato i memoir romanzati à la Ginzburg e Durastanti, ma con quella spolverata umoristica, dissacrante e svergognata che ormai associo a Waller-Bridge. Una ventata d'aria fresca nel panorama italiano, ecco, l'ho detto.2022 2022-faves g-memoir ...more21 s Dagio_maya 970 295 Read

In questo periodo non sto seguendo nessun percorso di lettura preciso.
Al contrario, per un insieme di cose che mi stanno capitando e a cui devo dedicare tempo, mi sto lasciando un po’ trascinare dal caso e/o dall’istinto.

Gli ultimi due libri che ho scelto sembrano tradire questa dichiarazione di libertà seppure dettati dal caso hanno molte cose in comune tanto da spingermi a scrivere un commento con dei collegamenti.

Si tratta di due mémoir di due autrici italiane quasi coetanee che scelgono di raccontarsi con ironia.
Ci si accorge bene presto, in entrambi i casi, che siamo di fronte ad un sarcasmo strumentale. Un’arma di difesa preventiva verso tutto ciò di doloroso che il ricordo potrebbe riattivare.

Infanzia e adolescenza; contesto familiare e non:
tutto dilatato e distorto in modo, talvolta sproporzionato ed è proprio questa comicità esagerata a far trasparire esattamente ciò che è contrario ad una risata.


Veronica Raimo credo paghi lo scotto di essere la sorella di Christian che – a quanto leggo in altri commenti- è da alcuni mal tollerato per una sovrabbondanza di commenti su Facebook.

La sua è una scrittura che sa giocare con diversi registri.
Un’abilità che mitiga il bisogno di scrivere di sé addomesticandolo con metafore ed immagini ad effetto.
Credo che prima o poi chi scrive senta questa urgenza che è poi qualcosa che sentiamo tutti (sempre prima o poi), ossia quella spinta che ci porta a confidarci, a svuotare alcune tasche nascoste, a toglierci i famosi sassolini.

Raimo nasce e cresce in un contesto di media borghesia dove il sopruso più grande è quello della paranoia genitoriale che vieta ai figli di avere un’infanzia spensierata fatta di giochi in cortile e ginocchia sbucciate:

” Abbiamo passato l’infanzia chiusi dentro casa a romperci le palle. Era un’attività talmente intensa che presto divenne una posa esistenziale. Sapevamo annoiarci come nessun altro.”

Qui, insomma, non ci sono grandi e drammi ma, semmai, ferite che da grandi ci si deve leccare.

Ognuno poi ha le sue armi e Veronica è abile nel costruire mondi immaginari tanto che, lei stessa, fatica spesso a distinguere ciò che è vero da ciò che non lo é.


"Nella mia famiglia ognuno ha il proprio modo di sabotare la memoria per tornaconto personale. Abbiamo sempre manipolato la verità come se fosse un esercizio di stile, l’espressione piú completa della nostra identità. Talvolta ci accordiamo quantomeno il beneficio del dubbio rispetto ai nostri sabotaggi, conserviamo dentro di noi un piccolo spiraglio per ristabilire l’esattezza degli eventi, ma è molto piú frequente il contrario: dimentichiamo la menzogna iniziale o il fatto stesso che si tratti di una menzogna."


(non metto stelle ai ricordi, veri, falsi o esagerati che siano)alfemminile italiana real21 s Marcello S560 243

Una manciata di momenti piacevoli affogati in un Lessico Famigliare (vero o presunto) fatto di capitoli brevi tra l’impalpabile e il non-molto-interessante.
Parla molto di suo fratello.

[59/100]20 s Laubythesea421 818

 ‘Nada es verdad’ es una de esas novelas donde la ficción se disfraza de realidad o donde la realidad se esconde en la ficción. Ya lo vemos desde su título, ese intraducible ‘Niente di vero’ y esa Verónica omnipresente a la que tanto he llegado a querer, Vero narradora y Vero autora. Si son la misma y si eso importa, te toca a ti juzgarlo. Porque… ¿es acaso posible escribir algo realmente verdadero y más si uno mismo está en el foco? Seguro que se puede ser fiel a la mirada propia y confiar al 100% en la memoria, pero… este libro reflexiona sobre cómo esta se construye y cómo inventamos nuestra propia narrativa, y cómo eso afecta a como nos des/cons-truímos. Lo cierto es que… si lo piensas, en realidad, nada es verdad.
 
“La memoria es para mí como el juego de dados al que jugaba de pequeña, solo es cuestión de tiempo decidir si es inútil o está trucado”
 
Una novela sobre la familia, el duelo y la memoria; y como estos aspectos influyen en la creación de nuestra identidad y en cómo sobrellevamos el día a día. ¿Cómo puede ser alguien tras crecer a la sombra de un “hermano perfecto”, con una madre permanentemente angustiada por la vida y un padre que levanta tabiques cada sábado en una casa minúscula?
 
La narradora utiliza el humor y la ironía como escudo para poder afrontar el doloroso relato de su infancia y reflexionar sobre su presente, tras crecer en una familia de la cual quieres conocer todas las anécdotas, pero agradeces con toda la fuerza no haber nacido ahí. Una vida llena de situaciones estrambóticas y desastrosas pero que rezuman autenticidad y cotidianidad; si has vivido momentos similares, es imposible no sentirte representado y querer abrazar a Verika.
 
Conseguir hacer reír al lector me parece complicadísimo (y yo solté carcajadas), pero aún más si el trasfondo no es bonito. Se ha relacionado mucho el humor directo y punzante de este libro con Flebag, y estoy de acuerdo. Y, de hecho, la gracia que impregna gran parte de la novela hizo que, en mi primera lectura, sentí que la parte final perdía fuelle. Y digo la primera lectura, porque lo he vuelto a leer, llevo dos meses hablando sin parar de este libro y pensando en él, y necesitaba darle otra saboreada. Y afirmo que es una lectura que crece en ti. Las reflexiones más potentes en cuanto a los temas principales alcanzan el culmen en las últimas páginas, donde, al fin, se deja ver en toda su autenticidad (o no), la Verika adulta que escribe la novela. La mujer conformada por esa familia, vivencias, decisiones recuerdos y pérdidas.
 
Una colección de recuerdos de los momentos que han marcado una vida, de una cárcel familiar a una huida sin final. Un collage divertido y doloroso de autoficción, donde la autora expone y manipula (como la mentirosa y gran cuentista que es) su propia vida, para regalarnos algo más que un coming-of-age porque hay mucho de qué hay después de crecer. ¿Cuánto de los niños y adolescentes que fuimos viven en nosotros gracias al aprendizaje de lo vivido, a las personas que hemos conocido y al desconsuelo de todo lo perdido? ¿Cuánto nos refugiamos en las mentiras para estar mejor? ¿Cuántas llegamos a creernos y convertirlas en verdad? Y… ¿cuánto cambian los recuerdos del pasado si los pasamos por el filtro de entendimiento que otorga la edad?
 
Me llevo frases que han pasado a mi vocabulario diario como “Francesca está al teléfono” o “hemos caído en la paradoja” y a Francesca, que me alegro que no sea mi madre, pero que como personaje no tiene rival.
 
Si también te refugias en el humor para hablar de lo que más te cuesta, vas a amar.35 s Paul FulcherAuthor 2 books1,470

Longlisted for the 2024 International Booker Prize - quite why is, indeed, lost on me.

I've lost the will to write of the books on this year's list. This one reminded me of a Bridget Jones/Fleabag type of mash-up, with its main literary technique the use of catchphrases - 'And Verika s to draw' ... 'Francesca's on the phone' ... 'We've reached the height of paradox'

For balance, what the judges said

‘A funny, sharp, wonderfully readable novel in which a fresh, playful voice takes us to the heart of an obsessive, unpredictable family. This engaging book tells the story of a young writer finding her special place where the “most fragile, tender, and comical parts” of herself come dazzlingly to life in wild escapades and moments of unexpected reflection.’??2024 ib-long-list-202418 s5 comments Valerio Spisani137 23

Mi sa che il mio personalissimo Razzie award letterario per il 2022 se lo cucca questo romanzo di Veronica Raimo, sperando non salti fuori qualcosa di peggio nel frattempo. Se c'è una cosa che detesto più dei libri brutti sono i libri irritanti: E io Niente di Vero l'ho trovato bruttarello e pure irritante. Raimo racconta di sé e della propria famiglia - quanto ci sia di vero in quello che scrive non lo sappiamo, del resto il titolo parla da solo ma per noi lettori non fa assolutamente nessuna differenza - e in ogni capitolo si focalizza su un qualche aspetto della sua vita (il padre e la madre, le amiche, il sesso, insomma avete capito) senza mai spiccare il volo: qua non ci si commuove e nemmeno ci si diverte, non c'è nessun tipo di tensione, nessun crescendo di pathos, solo la noia e la voglia che il libro finisca il prima possibile. Non a caso, in uno slancio di masochismo, l'ho divorato in poco più di un giorno. Ora, nella sovraccopertina viene citata la serie TV Fleabag (e pure Lamento di Portnoy di Philip Roth, tiè) ma boh, a parte il fatto di essere una donna che racconta cosa vuol dire essere incasinati nel nuovo millennio io davvero non saprei dove trovare dei punti in comune. Sarà anche per questo che Niente di Vero mi ha irritato, o perché mi è sembrato pretenzioso e costruito nel voler raccontare cose intense e profonde - nelle intenzioni dell'autrice - con un tono ironico e scanzonato perchè "così fa più effetto". Boh, boh, bo(h)cciatissimo. italiani no-anobii17 s richa ?.??962 239

3.5/5?

Italians, you've won this round!
14 s Federica Rampi543 182

“Abbiamo passato l’infanzia chiusi dentro casa a romperci le palle. Era un’attività talmente intensa che presto divenne una posa esistenziale. Sapevamo annoiarci come nessun altro.”

Manie e ossessioni raccontano una storia familiare, quella della famiglia Raimo, ricettacolo di aneddoti peculiarità e paranoie, auto sabotaggi e manipolazioni
La famiglia è quella dell’autrice, che lei ritrae in prima persona con voce buffa e comica, capace di interpretare ed esaltare il ricordo e la memoria in un processo creativo molto personale
Veronica Raimo mette nero su bianco l’invadenza totalizzante dei suoi genitori (una madre ansiosa che teme il peggio per il figlio maschio ogniqualvolta non risponde al telefono e un padre dispotico e maniaco dei germi) e l’affettuosa competizione con il fratello Christian, il figlio dai mille talenti che a nemmeno tre anni già legge, mentre a lei, Verika, ( in casa nessuno la chiama col nome per esteso), piace solo disegnare
Tra picchi di inadeguatezza e determinazione, inseguendo una normalità di cui poi non sa che farsene, Veronica Raimo scrive di come sia cresciuta e diventata donna in un ambiente familiare colmo di amore difettoso, dove lo spettro del lutto imminente diventa una costante, un’arma per esorcizzare la paura di vivere o almeno anestetizzarla

“Forse con l’avvicinarsi della fine le cose sembravano meno irragionevoli, forse smettere di esistere faceva impallidire gli altri paradossi.”

Un’auto analisi tragicomica del quotidiano, grottesco e cinico della sua crescita (la parte sull’ incoscienza adolescenziale la pi?? facilmente dimenticabile, banale e un po’ noiosa) tra regole da rispettare e altre da riscrivere, nel tentativo di diventare adulta consapevole e di riuscire a cogliere, qua e là, un po’ di felicità.narrativa-italiana14 s Marika Pinto165 62

Veronica Raimo mi ha fatto ridere e allo stesso tempo riflettere.

"Sono sempre stata aliena al concetto di «lasciarsi andare» per un motivo molto banale: non so dov'è che dovrei andare."biografie-autobiografie c-einaudi italiani14 s Sara45 5

La scena della protagonista che trova la lettera dell'amante del padre e non si arrabbia per il tradimento in sé, ma per la sciatteria dello stile della lettera, riassume il motivo per cui questo romanzo non ha niente da dirmi. O forse sono solo stanca di storie di intellettuali borghesi annoiati che si raccontano senza dire davvero niente di vero.
Contenta per la Raimo che la sua più grande fatica nella vita sia stata la stitichezza.13 s melissabastaleggere107 213

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