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Boys Alive de Pier Paolo Pasolini

de Pier Paolo Pasolini - Género: English
libro gratis Boys Alive

Sinopsis

A daring novel, once widely censored, about the scrappy, harrowing, and inventive lives of Rome's unhoused youth by one of Italy's greatest film directors.
Boys Alive, published in 1955, was Pier Paolo Pasolini's first work of fiction and it remains his best known. Written in the aftermath of Pasolini's move from the provinces to Rome, the novel captures the. hunger and anger, waywardness and squalor of the big city. The life of the novel is the life of the city streets; from the streets, too, come its raw, mongrel, assaultive language. Here unblinkered realism and passionate lyricism meet in a vision of a vast urban inferno, blazing with darkness and light.
There is no one story to the book, only stories, splitting off, breaking away, going nowhere, flaming out, stories in which scenes of comic debacle, bitter conflict, wild joy, and crushing disappointment quickly follow. Pasolini's young characters have nothing to trade on except youth,...


Reseñas Varias sobre este libro



3.5 stars

“There was a heat that wasn’t sirocco and wasn’t burning, but only heat. It was a coat of paint given to the breeze, to the yellow walls of the neighborhoods, to the fields, to the carts, to the buses with clusters of people at the windows. A coat of paint that was all the happiness and the misery of summer nights of the present and the past. The air was taut and buzzing the skin of a drum; the piss that streaked the sidewalk, even if fresh, was dry; the piles of garbage disintegrated, turning brown, with no odor. Only the stones and the sun-warmed metal shutters had an odor: maybe with wet wash lying around, dried and stiffened by the heat.”

I have a dream. A dream to someday visit Italy. I’m learning extremely basic Italian. I have some books from the library, an app on my phone, and a DVD (remember those?!) of some places to visit should I ever actually get there. I needed a goal, something to look forward to. A promise that there is a future ahead of us that doesn’t include what I now call the new “C” word. This is the only way I’ve been able to tolerate the dark of winter – a season I typically have trouble getting through in a ‘normal’ year. I decided to pick up this book – translated to English, of course (I’m not that fast a learner!) But this is not the Italy I envisioned. However, I have no doubt it is an accurate portrait of a 1950s Rome. There are ly people just this living there today as well. People living in squalor off the beaten path of the usual tourist traps.

“Behind the Parco Paolino and the gold façade of the basilica of San Paolo, the Tiber flowed past a big embankment covered with posters: and it was empty, with no bathing floats, no boats, no swimmers. The right bank was bristling with cranes, antennas, and chimneys, the gasometer standing enormous against the sky, and the whole neighborhood of Monteverde loomed on the horizon, above the putrid sun-burned slopes, with its old villas small boxes disappearing in the light.”

This book is so remarkable in its depiction of the actual setting that I could see it all in front of me. I spied on the boys rummaging through the garbage heaps. I heard them laughing and quarreling on the banks of the river, daring one another to jump in. I felt the heat as it oozed from every broiling surface. All of the characters are down and out, suffering from poverty and neglect. Money is earned by gambling, stealing and prostituting. People die; boys are arrested and become men. Women mourn and wail. The boys are hard and the men even harder. HereÂ’s what happened during one particular wake:

“Inside, the women’s weeping could be heard. The men, instead, gave no sign of emotion; on the contrary, there was, if anything, incarnate in the features of beardless youths or cunning old men a vague expression of amusement. In Pietralata, no one was brought up to feel pity for the living, imagine what the fuck they felt for the dead.”

ThatÂ’s the good stuff. And the good stuff was rather brilliant, actually. But I had some trouble finding the thread that tied the narrative together. It is a novel after all. The plot skips around. People appear and disappear repeatedly. I had difficulty keeping the characters straight. The only one who remained somewhat of a constant throughout was Riccetto. Even he was not fully fleshed out though. I visualized what he was doing much more clearly than I understood the boy/man himself. I wanted to get in his head a bit more. There were a couple of significant events that showed me his development, and I thought this was well done. There is no redemption for a single character in this book, however. Unless perhaps itÂ’s death itself.

This book was translated by Ann Goldstein, who is probably best known for her translation of the Ferrante Neapolitan novels. Those books go much deeper into the psyche of its characters. Both Ferrante and Pasolini depict a fascinating view of the impoverished neighborhoods of a post-war European country.

“All Rome was a roar: only up on the hill was there silence, but it was charged a mine.”classics-shelf european-literature translation133 s Elisa65 81

Leggendo Pasolini mi vengono in mente tutte le cose che non riusciamo mai a dire. Tutte quelle cose che sono giudicate brutte, sconvenienti (ci sono ancora, eccome), sporche. Ma che, purtroppo, ci sono. Quelle che rimangono incastrate tra i denti come il grasso del prosciutto, che pure a tentar di levarle con decisi colpi di lingua non c'è nulla da fare. Ti aiuti con strumenti adatti - vai di stuzzicadenti e filo interdentale - capaci di donare immediata legittimità al gesto, quasi una riabilitazione morale. Di fronte a chi, non facendocela più, si ficca una mano in bocca per rimuovere il nemico con una strappatina o con l'unghia, tutti distolgono lo sguardo. Per lo schifo, o perché si ha l'idea che la dignità dell'altro potrebbe risultarne compromessa. D'altronde l'uomo è un animale sociale, se non impara a vivere in società eccetera eccetera.

Uno degli episodi della mia infanzia che più mi sono rimasti impressi è quella volta in cui, a quattro o cinque anni, me ne andavo bellamente in giro con le dita nel naso, annoiatissima dal colloquio tra mia madre e mia zia. Mia cugina mi vide e mi fece una ramanzina che io ricordo perché non mi sembrava molto sensata. Non si fa perché non è bello. Era bello. Era liberatorio, era soddisfacente quanto grattarsi la schiena, e in quel momento era un'occupazione che mi distraeva dalla noia.
Qui già il novanta per cento dei possibili interlocutori mi avrebbe mollato. Ma son sicura che il novanta per cento di quegli interlocutori sono quelli che provano un certo brivido di piacere nel potersi liberare il naso in tranquillità nel proprio privato.

Qualche mese fa nella mia città dei ragazzi sui sedici anni se ne andavano a spasso nel cuore della notte con un sacchetto pieno di molotov fatte in casa, davano fuoco a una macchina e scappavano. In una notte, tre o quattro macchine in diversi punti della città. Nel pensare a questi ragazzi, la prima cosa che viene in mente è che vorresti prenderli a calci, certo. La seconda, che vorresti sapere che fine ha fatto l'educazione, che genitori ci sono dietro questi figli sciagurati, dove stiamo andando a finire. E poi ci si ferma lì. Pasolini invece avrebbe fatto un passo in avanti, avrebbe indossato lo zainetto con le molotov e avrebbe cercato di sentire, per descriverlo, quel brivido che attraversa la mano durante il lancio e fa scattare i piedi durante la fuga. Avrebbe respirato affannosamente fino a sentirsi il cuore nelle orecchie, mentre lo scoppiare dei finestrini dava i primi allarmi ai proprietari addormentati. Per trovare quel verme, schifoso e vomitevole, che porta a fare di quel gesto elettrizzante una ragione di vita. Trovarlo, ma non allo scopo di condannarlo con l'indice arrabbiato, ma di mostrarlo e dire "ecco, pure questa è vita". Si tratterebbe in sostanza di riprendere le immagini di una telecamera nascosta, srotolare l'evento al contrario, fino ai primissimi fotogrammi. Documentando.

Non che i gesti dei ragazzi di vita siano diversi da quelli dei nostri ragazzi che sembrano vivere per pestarsi a vicenda con l'illusione di poter trarre una vita migliore dalla superiorità fisica. Erano gli anni cinquanta, altri tempi, ma la smania di alzar le mani aveva origini simili. E non era solo la povertà, ma il desiderio di diventare qualcuno, che poi è il mantra che sembra sia stato messo in testa a noi giovani di oggi. L'impossibilità di riuscire - o anche solo di provare - porta necessariamente a una delusione, e non tutti scelgono di imparare ad accettare il fatto che la vita è banale, e poco importa ciò che fai. "Come devo vivere? O forse la domanda è: come devo pensare?" diceva Marion ne Il Cielo sopra Berlino, centrando in pieno il problema: l'insoddisfazione e l'angoscia derivano forse da modi di pensare che rifiutano la realtà, creandone una parallela e appetibile, ma forse non così tanto realizzante, se chi ci arriva poi non sembra essere veramente soddisfatto. Ma è il potenziale del diverso che conta, che promette. Ci sono quelli che cercano di esportare il principio sii qualcuno dalle alte sfere alla base della società, creando un microcosmo dove sono paradossalmente la solidarietà e la violenza fisica a farle da padrone, spesso anche allo stesso momento. Ed è quello che fanno il Riccetto, il Caciotta, il Begalone e gli altri, e non solo per via della povertà estrema, perché poi le piotte guadagnate finiscono quasi sempre in sigarette, cinema, vino e puttane. Sono combattuti tra un modello da seguire e l'impossibilità di raggiungerlo, se non a piccole dosi, vivendo di espedienti, assaggiando quel po' di vita che i borghesi possono permettersi. Se la ridono tantissimo (e noi con loro), se ne infischiano delle alte sfere, elogiando il carcere come un gioiello prezioso per il curriculum. Sono leggeri come le carte sporche che il venticello trascina qua e là. La cosa schifosa da non dire, in questo caso, non è l'esistenza di questi ragazzi. Di quella ne son pieni i giornali. È la loro non esistenza. Che poi, è pure la nostra.
Pasolini passa da episodi di violenza incomprensibile a scene che strappano il cuore, dove la morte e lo sgomento per la propria impotenza sono così forti da sembrare quasi persone, saldamente abbracciate ai personaggi. Sono fatti di nulla, questi ragazzi di vita, muoiono in modo banale, circondati da frasi fuori luogo e gesti egoisti (ma forse solo impotenti) e quando se ne vanno, nel fragore della caciara, l'assenza della loro voce non ha peso.

Un'ultima cosa schifosa, orribile, brutale viene in mente. Non sono solo loro a star così. La legge del sii qualcuno domina le nostre vite, viviamo in modo altamente violento. Siamo in bilico costante tra la benevolenza e il veleno. Con l'indifferenza, la sordità al dolore degli altri, con l'arroganza. Con il vittimismo che ci vince quando siamo gli obiettivi. E con la cecità che ci impedisce di accorgerci quando queste armi le usiamo noi.
Come tante altre proibite per decenza, son cose che si fanno, ma non si dicono. E se si dicono, be', facciamo come i ragazzi di vita. Ridiamoci su.72 s Flo353 207

I wouldn't have expected to read something by Pier Paolo Pasolini and think about Dickens, but it happened while reading the novel 'The Street Kids'.

Of course, there are some excesses. After all, we're talking about Pasolini, but they are still kept under control... or so it seems today. The book scandalized its time; nowadays, I think it is more ignored, which is a pity because despite the author's reputation, it captures the innocence and brutality of childhood and adolescence as few other books do.

The setting is very enticing: Rome, towards the end and after the Second World War. Pasolini puts his characters on the streets (as the title suggests) and shows you the world made famous by Italian neorealist cinema.There's a lot of poverty, some obscenity, and crime, but despite the realism and tragedy of the story, Pasolini rejects moralism and sentimentality.

This isn't to say that there aren't moments with emotional impact; I mentioned Dickens for a reason, but Pasolini refuses to exploit the tragedy of the situation. The characters don't afford themselves the luxury of displaying their suffering, even if it exists.

However, I would have d the narrative to revolve more around the main character, but I understand the author's choice to reject a classical hero.

Ultimately, the main character might be the sun, which follows the boys throughout the book. The moments are very poetic. The book is worth rereading just to see what the sun does.52 s Simona B910 3,087

"A Pietralata, per educazione, non c’era nessuno che provasse pietà per i vivi, figurarsi cosa c... provavano per i morti."

(I wasn't able to find a translation for the quote above, and I apologize. It says something , "In Pietralata, it was a matter of education to not take pity on the living, let alone on the f... dead." I apologize for the poor outcome of my attempt too.)

This is so a not-my-cup-of-tea situation, I am seriously wondering whether that phrase was invented solely to fit the eventuality of me reading this book. Probably, it was.
My main problem with Ragazzi di vita was that I wasn't capable, for the life of me, to tune in on the writing. Call it shallowness, if you will, but form, to me, is pivotal. With this, I'm not saying that the book is badly written; I'm saying it was not written for me. I am, to make it clear, fond (madly so) of 19th-century literature: fluid and full and harmonious where Pasolini, in the next century, is fragmented and messy and matter-of-fact. It was the perfect, probably the only, way to write this story, but I found it insufferable.
So, yes. Not my cup of tea.1950-1999 in-italian32 s Sandra937 280

I “ragazzi di vita” pasoliniani sono tutti figli del sottoproletariato, furbi e ingenui al tempo stesso. Si arrangiano per sopravvivere, sempre alla ricerca di denaro, senza nessuna regola o controllo da parte degli adulti della famiglia. Sono “ragazzi che la guerra fascista ha fatto crescere come selvaggi, analfabeti e delinquenti”. Il romanzo racconta in modo scarno le vicende della vita del Riccetto, di Marcello, di Agnolo, Rocco, Alvaro, Zambuia, Caciotta, Bengalone, Amerigo, Lenzetta, Genesio e degli altri personaggi che si alternano in un susseguirsi di episodi che crudamente raccontano una vita istintiva, che oscilla fra furti effettuati o subiti, imbrogli, angherie, violenze, le prime esperienze sessuali, la prostituzione e il carcere. Rispetto a “Una vita violenta”, questo romanzo è corale e cronachistico, ed è privo della valenza “pedagogica” del romanzo di formazione come potrebbe definirsi l’altro. In “Ragazzi di vita” ciascun capitolo è un racconto a sé stante, in cui le vicende dei protagonisti vengono descritte con un realismo quasi ossessivo, privo di qualsiasi giudizio morale e di possibilità di redenzione o riscatto, ed il dialetto romanesco, presente non solo nei dialoghi ma anche con singole parole nella narrazione, costituisce l’unico mezzo per riuscire a penetrare nella realtà quasi primordiale ai margini della società, in luoghi ai margini della periferia romana.italia28 s Steven Godin2,577 2,773

My first experience of Pasolini was many years ago when I happened to by complete chance catch his most notorious film 'Salò, or the 120 Days of Sodom (1975), which sickened and disgusted me so much I had to immediately go for a long shower to try and flush the memory of it down the plug hole...it didn't work and stayed with me, but my thoughts over time changed from the film to Pasolini himself, who is this Guy?, I wanted to know more, my first discovery was that he was also a poet and novelist and murdered shortly after the release of Salo, secondly I found out he was an out spoken homosexual and self- declared Communist who upset a lot people including his own government, I started to go through his back catalogue and found each film got better the further back in time they went until I reached his first full length film 'Accattone' (1961) which I regard as his masterpiece where he developed his own brand of neo-realism. 'The Ragazzi' first published in 1955 is based on the events in this film and tells of the poverty people faced in the slums on the outskirts of Rome, it's a case of desperate times, desperate measures and petty crime, prostitution and death are the order of the day, sounds grim?...it is, but it's also tender and all to realistic, the writing is far from great but it's the subject matter that holds firm. I have since declared 'Salo' an important film, as for Pasolini, he was a genius. fiction italy21 s Meike1,721 3,696 Read

This novel was first published in 1955, after Pasolini, son of a Fascist army officer, was kicked out of the Communist party for having involved three teenage boys in group masturbation. Pasolini thought that he had nothing left to lose and felt a kinship to the destitute young men living in the streets of postwar Rome. "Boys Alive", his first novel, published when he was 33, aims to give a voice to this underprivileged group and illuminates the hardship of their lifestyle of criminality and prostitution.

So I would have LOVED to read the whole thing, but unfortunately, the ARC was somehow formatted incorrectly which led to missing passages, which was so annoying that I had to quit. Still, the book is super intriguing.italy21 s Cristian Fassi102 222

commenti a caldo, presto arriverà recensione pensata...

- mi mancava la lettura in romanesco, ho seguito a tratti il testo con un eccellente audiolibro letto da Fabrizio Gifuni e devo dire che è stata un'esperienza meravigliosa.

- lettura indispensabile per conoscere la Roma emarginata di metà novecento

- storia molto cruda e agghiacciante, l'uso del dialetto la rende molto reale.

- la trama non è di un vero e proprio romanzo, manca un protagonista principale, anche se il Ricetto la fa da padrone, non c'è una struttura organica ma una serie di scene sostanzialmente autonome. Questo per me è la scelta migliore che ha fatto l'autore, sono momenti della vita nelle borgate romane, non serve una storia compiuta e molto meno un finale felice, tutto il contrario.

- anche se Pasolini fa parlare i personaggi in gergo, nelle descrizioni e il racconto usa un registro linguistico alto, lirico.in-italiano letture-201920 s Roberto627 1 followerRead


Embè? Gajardo!

"Ragazzi di vita". Ossia la realtà, vista attraverso gli occhi di ragazzi di borgata.

Una visione basata sull'istinto (ha voja!), sul qui e subito. I ragazzi descritti, lasciati soli senza punti di riferimento, non hanno progettualità di vita, non fanno riflessioni, non si chiedono nulla, non hanno passioni, vivono il momento senza pensare.

Il risultato è un mondo di sotterfugi, furbizia, emarginazione, espedienti, miseria, furti, violenza, noia, morte.

Questo per Pasolini fu un esperimento: provare a rappresentare il degradato mondo delle borgate dall'interno, facendolo raccontare dai protagonisti stessi. Ragazzi che passano lentamente dalla sensibilità per il salvataggio di una rondine quando sono bambini alla totale indifferenza per la morte di quando sono più adulti.

Il realismo è massimo, soprattutto dal punto dei dialoghi in dialetto di borgata, ricco di espressioni colorite e parolacce. In 156 pagine 46 mortacci, 24 vaffa, 13 stronzo, 1 bestemmia, 39 fijo de na mignotta e via così (An vedi questi!).

Il risultato è un libro impegnativo (lettura non facile per i non romani, li possino...) che descrive uno squallore che si fa fin dalle prime pagine desolante, vuoto e monotono. Fortunatamente passando all'audiolibro, letto dal bravissimo Fabrizio Gifuni, la fruizione mi è risultata molto facilitata grazie ai dialoghi realistici e il mio coinvolgimento nettamente superiore.

Un esperimento, dicevo. Che se da una parte ha certamente il grande valore di avere dato voce a una misera fetta di umanità (lode tra l'altro a Pasolini per aver scritto un libro in un dialetto che non era il suo), dall'altra non mi ha regalato particolare piacere di lettura (o di ascolto). Oserei dire che dopo poche pagine, intuito di cosa trattasse il libro, il mio interesse è andato rapidamente scemando.

Forse il libro richiederebbe uno studio più accurato per capirne meglio dettagli e valore letterario; questo non è comunque al momento tra i miei obiettivi e mi limito a riportare il mio personale gradimento.

Molto bello e interessante l'esperimento (5 stelle), sono contento di averlo letto (5 stelle) ma non credo che la lettura di Pasolini sia confacente al mio gusto di lettura (piacere e interesse nella lettura: scarso).1001 italia mumble-mumble15 s Beatrice29 39

Questo libro è purtroppo il risultato di numerosi rimaneggiamenti imposti a Pasolini che ha dovuto tagliare, modificare e stendere daccapo addirittura interi capitoli.
Sono sicura che il lavoro autentico e puro pensato dall'autore avrebbe meritato 5 stelle su 5.12 s Vderevlean495 153

Roman deprimant despre o Italie care nu-?i revine dup? finalul celui de-al Doilea R?zboi Mondial. Personajele principale sunt pu?ti care colind? str?zile Romei pentru a câ?tiga câ?iva bani din furturi, mici munci clandestine, jocuri de noroc sau pariuri. E o lume riscant?, violent?, în care prostitu?ia, foametea ?i boala î?i fac jocurile. Finalul multor personaje e moartea, fie din prostie, fie prin sinucidere.

Cumva, pare c? nimeni nu poate sc?pa din bra?ele s?r?ciei ?i ale mor?ii. În ciuda depresiei generale, exist? be?ii, exist? mici zile victorioase în care o lovitur? reu?e?te ?i pu?tii no?tri au suficien?i bani ptr alcool, ?ig?ri ?i prostituate.literatur?-universal?16 s Dolceluna ?1,152 66

Quando ripenso a questo romanzo, devo ringraziare la Prof.ssa che l'ha messo in programma in quell'esame universitario che dovetti sostenere, insieme a "L'isola di Arturo" di Elsa Morante, altra perla della nostra letteratura.
E' raro amare romanzi "imposti" con gli studi, ma questo è stato veramente il caso.
"Ragazzi di vita" è un romanzo duro, di forte impatto, a tratti violento, che ci racconta le disavventure di un gruppo di adolescenti nel dopoguerra della Roma "misera", quella delle borgate, dei palazzoni, della polvere. A distanza di anni ne ricordo il sapore amaro che mi ha lasciato in bocca, l'impatto del gergo romanesco, l'epilogo amaro e realistico.
Insieme a Zola e alla Morante una delle mie scoperte più lungimiranti e piacevoli fatte appunto grazie agli studi universitari. Dunque, grazie Prof!classici-e-classici-moderni13 s Luka Zviadauri79 11

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Un împ?rat al mu?telor citadin, în suburbiile mizere ale Romei.11 s Vilis641 110

Gr?matai viens m?r?is - maksim?li pilnasin?gi atveidot ielas z?nu dz?vi 50. gadu Rom? –, un ar to rom?ns ar? veiksm?gi tiek gal?. Reiz?m ievelkošs, reiz?m ievilkts, bet nu, t?da jau ir ar? dz?ve. Toties dauzd ska?u, kauti?u, dz?v?bas.11 s Sandra Deaconu728 112

Dac? a?i citit Groapa, de Eugen Barbu, atunci ?ti?i ce speram s? g?sesc aici. Mi s-a promis povestea emo?ionant? a unor copii nevoi?i s? supravie?uiasc? în mizerie ?i înconjura?i de nedrept??i. În schimb, am primit o ga?c? de derbedei care înjur?, merg la prostituate, strig? dup? femei ,,pi*dulice'', arunc? unul în altul cu fecale, î?i numesc mama ,,rapandul?'', fac sex cu b?rba?i pentru bani pe care îi dau apoi bordel, fur? ?i se iau de oricine le încalc? teritoriul. Limbajul lor ocup? cea mai mare parte din carte, iar asta e o problem? pentru c? acel limbaj e groaznic. ,Du-te-n p*l?'' ?i ,,f*tu-?i mor?ii m?-tii'' apar de zeci de ori. Foarte greu mi-a fost s? o citesc, chiar ?i scârb?. Personajele sunt multe ?i toate la fel de scârboase, a?a c? nu am putut s? le diferen?iez. Ac?iunea este inexistent?, deci cite?ti doar ca s? mai înve?i înjur?turi de la ei. Nicio pomenire despre r?zboi, niciun indiciu c? s-ar afla în perioada postbelic?. Imagina?i-v? c? ie?i?i seara ?i vede?i o ga?c? de golani! ?ti?i voi, acei delincven?i care le întreab? pe femeile care trec dac? vor s? le fac? oral, intimideaz? oamenii serio?i, îi încol?esc ?i îi jecm?nesc, ?i care nu s-ar duce la ?coal? nici dac? ar fi pl?ti?i. Poate doar ca s? râd? de profesori. Acum imagina?i-v? c? sta?i ?i v? uita?i la ei câteva ore! Asta înseamn? s? cite?ti cartea asta.12 s Nikolas KoutsodontisAuthor 9 books72

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il poeta nella borgata

Colpisce ogni volta la lucidità disarmante, quasi spietata con cui il grande poeta sa guardare il sublime e il tragico del sottoproletariato romano. Il suburbio è descritto come un luogo senza speranze, dove anche la morte perde ogni gloria epica o ogni dramma esacerbante diventando solo un accidente della giornata che sia per un crollo o per un affogamento. La famiglia è uno spazio devastato e devastante, gli spazi sociali sono inquinati, l'unica libertà rimane la fuga, lo smarrimento di questi ragazzi che non possono che restare negli unici spazi conosciuti e tornano continuamente nei luoghi delle proprie tragedie. L'elemento più nascosto di questo libro è però la struttura, estremamente complessa - il libro è composto da capitoli che possono sembrare passaggi di una evoluzione narrativa (la vita del Riccetto) ma che costituiscono entità molto autonome, quasi racconti a sé stanti dedicati a personaggi ed eventi ben precisi - in effetti il Riccetto più che che protagonista può essere visto come massimo comun denominatore di questo che è in effetti un affresco della borgata romana del dopoguerra, più che un racconto unitario di un solo personaggio. Il romanesco, dialetto ostico e anti-poetico, è la giusta lingua per una atmosfera che è oltre la disperazione, perché non c'è mai stata neanche l'idea di una speranza. E anche in questo la cura di PPP è assoluta con una precisione filologica e culturale incredibile, ben aiutato dal compagno Sergio Citti, citato al termine del libro. italiani10 s S©aP405 74

Pur conoscendo la risonanza di questo libro, non sono riuscito a non trovarlo... brutto. Si è trattato comunque per me di una fatica necessaria. Racconti di prima mano mi avevano sempre descritto in modo diverso gli stessi esatti luoghi, le medesime persone e quegli stessi anni, qui fotografati da penna d'autore. Mi mancava un raffronto tra le due diverse... estetizzazioni.
Questa, con i suoi eccessi funzionali, è diventata paradigmatica.1900 letteratura-italiana10 s Come Musica1,761 483

Letto quando frequentavo il secondo anno del liceo. 9 s Zane Neimane119 9

Pazol?ni att?lot? Roma ir tik cit?d?ka, nek? to redz t?di t?risti k? es. P?c kara Rom? cilv?ki ir palikuši bez m?j?m, naudas, darba. Daudzi ir zaud?juši tic?bu labajam, k? ar? savas eksistences j?gu. Šaj? vid? uz ielas uzaug daudz b?rnu. Lai gan ielas z?ni nav labi cilv?ki, autors lika man just vi?iem l?dzi. Un jau pirmaj? st?st? caur rupekl?b?m var saman?t cilv?cisko, kas tom?r m?t mazaj? b?tn?. Liel?koties gan z?ni dz?vo t?, k? m?k - piln?g? haos? un bezpre?el?. Att?lotie notikumi no ikdieniš?iem ?tri vien non?k l?dz dzi?i tra?iskiem un savi??ojošiem. Varu saprast, ko Pazol?ni dom?ja par ?sto dz?vi un realit?ti It?lijas galvaspils?t?. T? ir k? uzpl?sta r?ta, kuru autors grib par?d?t visiem, lai vi?i atcer?tos. Kaut kas ir ar? taj? veid?, k? š? dz?ve ir aprakst?ta - cit?di droši vien nenotic?tu.8 s Alessio18 1 follower

Uno sguardo nudo e limpido su una Roma postbellica, martoriata, povera ed affamata. Un dipinto impietoso di giovani-ombra, che vivacchiano nelle periferie, nei casermoni, sotto i ponti, nella notte. Non hanno da mangiare, né da vestire, non hanno nulla. La loro vita stessa non conta nulla. Eppure si vive, si ama, si ride, nel branco dei ragazzi di vita. Ci si commuove e si cerca di riuscire, in qualche modo, qualunque cosa significhi la parola "riuscire" in quel contesto sociale.
"Ragazzi di vita" è un quadro povero e vitale allo stesso tempo, veritiero come un reperto storico, uno spaccato di un passato trascurato e malvisto anche nel suo presente. Le donne sono tutte mignotte o potenziali tali, a parte "la mamma". Gli uomini adulti sono poco di buono, avvinazzati e ladri, che picchiano le mogli e bighellonano per i bar. I ragazzi di vita brancolano alla giornata, mossi dalla noia e dalla debolezza, certi inconsapevolmente che un domani, per loro, non c'è, ma alla costante ricerca della Fortuna, una forma quasi magica di riscatto, irrazionale e per questo nemmeno troppo sperata, ma anelata nel rassegnato desiderio di rivoluzionare, di colpo, la propria esistenza.
Pasolini è magistrale nel compito di rappresentare, attraverso un lessico basso e dialoghi crudi, un ritratto zozzo, puzzolente e grezzo di una fetta di socialità che non si vede dai quartieri buoni della capitale. Si "sente" la povertà, in tutto: nei colori, nei suoni, nei sogni, nelle relazioni.
La vita è essere paraculi, essere dei dritti, farla franca e fare la camminata. Farsi rispettare, se non da se stessi, almeno dagli altri spiantati poveracci, così da potersi illudere di essere diversi da loro, qualcosa di meglio, anche se di poco. Altro, non è possibile, non è all'altezza. E per cui si dà anche la vita pur di dimostrare agli altri ed a se stessi che si è in grado di attraversare un fiume anche se non si sa nuotare.8 s Nishant106 2

The Ragazzi, or "the boys" in Italian, from the Italian director Pier Paolo Pasolini, is the story of a bunch of boys in post-war Rome. They're poor, they're hoodlums and petty thieves. They steal, cheat, and screw prostitutes.

Pasolini, quite a director, observes, but then strangely he doesn't observe. He writes great descriptions, for example, of the expressions on people's faces, but seems incapable of describing emotions, or places. (The book is set in Rome and the boys roam all over it -- the names of all kinds of neighborhoods and districts are littered on every page -- but not one word is written to describe those neighborhoods or how one differed from the other. I've never been to Rome, and perhaps there is nothing to distinguish one neighborhood from the other or no great character to the city, but somehow I have a hard time believing it. So, I know they are in Rome, but I have no sense of what Rome actually looked then.)

Another flaw in Pasolini's writing is that he also perhaps judges a tad too quickly. The boys are "mean", "evil", "dull-eyed" (the list is long). But not only are their crimes, on the face of it, petty, but he simply refuses to develop his characters; perhaps a deliberate ploy to preclude the reader from developing any sympathy for them, but with no character development, the people on the page do not exist as real people or seem to exhibit any real emotions.

What you're left with is no character development, and to pile it all up, also no plot and no narrative... just vignettes from the lives of these boys as they're growing up. Vignettes that skip whole years in the life of the main character, a "ruffian" called Riccetto, and paint yet another picture of lazy afternoons spent swimming in the Tiber, of stealing, whoring, etc, but then little more. And all of this happens in some sort-of vacuum as well -- nothing is mentioned about the times or what is going on in Rome or Italy at that particular time, or how post-war Rome changed over the years, or how Italy's ever-turbulent politics shaped it or the catholic church or any other social dynamic, which the reader would have no way of knowing through Pasolini's writing.

All in all, disappointing. 7 s George IlsleyAuthor 12 books278

A strange novel, which has a sort of chaos as the plot. Not sure who the main characters were, or what happened to them or how old they were. Story lines are developed and then dropped, unresolved. Characters appear and disappear. There is much discussion about money, and travelling here and there. Boys swim and smoke and steal.

Perhaps, as a work of art, this strange volume approaches a depiction of "real life" in some of the poorer desperate neighborhoods of post-war Rome. Which raises an interesting point: does "real life" make "real art"? Or is it just too messy and incomprehensible?

2019 update. Every time I watch the extras on a Criterion collection Pasolini movie, I decide I must read his books. It just happened again, and I’d forgotten having already read this one. Upon reading this chaotic novel a second time I was able to sense more of a plot. The turmoil itself is the setting — the brutal aftermath of war. What else have these boys known in their short lives? There are no heroes in this text and yet somehow the surging life force has some beauty. It is a strange, bleak, relentless novel and very much a product of post-war Italy, with all its contradictions.fiction linked-stories re-read ...more6 s Georgiana 17922,067 141

È una vita difficile quella di questi ragazzi del sottoproletariato capeggiati da Riccetto (non che Riccetto sia un capo, è solo il protagonista di questa storia). Una vita allo sbando a cui sembra impossibile sottrarsi, innanzitutto perché si è nelle borgate romane del secondo dopoguerra, e poi, soprattutto, perché sembra essere la stessa vita dei genitori e dei parenti di quasi tutti i ragazzi. Una vita fatta di piccoli espedienti, furti, imbrogli vari, anche se poi i ragazzi non sono così cattivi - si capisce quando il Riccetto si butta nel Tevere per salvare la rondine che sta annegando - solo che non hanno esempi da seguire, punti di riferimento, valori; e forse neanche desiderio di migliorare le proprie condizioni. Anzi, un soggiorno in riformatorio o in prigione viene considerato normale, una tappa obbligata - e anche più di una - nella vita di questi ragazzi.
Il linguaggio fin troppo realistico era necessario, ma allo stesso tempo mi ha fatto sanguinare gli occhi...

brb-5 classici sfida-dei-classici-20226 s Marina848 173

Recensione originale: https://sonnenbarke.wordpress.com/202...

Comincio subito col dire che questa non è stata una lettura piacevole. Non è che ti siedi comodo e dici "ah, che bello, adesso leggo Pasolini". Tuttavia, pensavo che sarebbe stata una lettura difficile, pesante, invece non è stato affatto così. È comunque un romanzo che a livello di scrittura scorre bene e, sebbene sia estremamente duro e spiacevole nel contenuto, non lo è tuttavia dal punto di vista della forma.

Fino alla fine non sono riuscita a decidere se il libro mi stesse piacendo o meno. Diciamo che forse è proprio questo modo di pensare a questo romanzo che è sbagliato, per cui se la domanda è "Ti è piaciuto?", la (mia) risposta è "Direi di no". Ma non è così semplice, e non si legge Pasolini per leggere un libro che possa piacere. Nonostante il giudizio di "gusto" personale, è un libro che credo mi lascerà molto, per cui la mia valutazione è del tutto positiva.

Il linguaggio con cui è scritto l'ho trovato magistrale: la narrazione esterna non ha un registro popolare, anche se a volte c'è qualche parola di registro più basso e anche pseudo-dialettale; ma i dialoghi sono quello che rendono grandissimo questo romanzo da un punto di vista stilistico-linguistico. Penso che eguagliare questo livello di verosimiglianza e resa perfetta del parlato sia difficile, se non impossibile. I dialoghi, l'ho sempre pensato, sono la parte più difficile in un romanzo, e non è raro che scrittori anche ottimi falliscano in questo ambito, o almeno non riescano in pieno. Pasolini invece è, da questo punto di vista, un genio assoluto. I ragazzini delle borgate romane parlavano (e forse parlano) senz'altro così: niente è edulcorato o reso più agevole per la lettura su carta. Si può dire solo: eccezionale.

Inoltre, il genio di Pasolini si esplicita anche e soprattutto a livello, diciamo così, "saggistico". Infatti dal mio punto di vista questo è un libro che, per quanto chiaramente di carattere narrativo, si avvicina più al saggio che al romanzo. O forse è così perché lo leggo 65 anni dopo la pubblicazione. Se si legge questo libro come un documento storico e sociologico, non si può negare che sia riuscitissimo. Difficilmente sarebbe stato possibile rappresentare meglio di così la gioventù bruciata che, qui, è quella che fa parte del sottoproletariato borgataro dell'immediato secondo dopoguerra, ma che, in fondo, è anche un'ottima rappresentazione di quella gioventù violenta e disperata che c'è tuttora in tanta parte d'Italia, settant'anni dopo. Se vogliamo vedere come origina il bullismo, la violenza giovanile, dobbiamo venire qui: ecco che troviamo la disperazione, la vita a dir poco disagiata, la miseria, accompagnate dalla fame di vita tipica degli adolescenti (e dei bambini), che però trovano solo schifo nel loro percorso e quindi sembra quasi inevitabile si diano alla delinquenza. Eppure, sono comunque ragazzini, e hanno dunque moti di generosità e di (quasi) dolcezza, non solo come nel famoso episodio in cui verso l'inizio del libro il Riccetto, ancora poco più che bambino, si getta nel fiume per salvare una rondine in difficoltà, senza minimamente pensare al pericolo che lui stesso corre. Non solo questo, ma anche, ad esempio, Genesio, che dentro di sé è buono e forse perfino mite, ma deve stare attento a non farlo vedere, pena l'esclusione dal gruppo e il probabile passaggio al ruolo di vittima.

Ci sono episodi in questo romanzo che, in un altro libro, sarebbero difficili da leggere, ma qui vengono raccontati con tanto realismo che è come se il lettore diventasse partecipe dell'estrema indifferenza con cui questi ragazzi violenti e disperati compiono quelle azioni brutali: per loro non hanno tanta importanza, quindi anche il lettore finisce in certo modo per percepirli come atti che tutto sommato si possono leggere "dall'esterno", rimanendo spettatori neutrali. Eppure, ciò non significa che non facciano venire i brividi.

Per concludere: non è un libro bello, ma è un libro importante, la cui lettura ci potrebbe far capire un po' del mondo che ci circonda, perché certe cose non sono cambiate così tanto dal dopoguerra ad oggi, per quanto magari oggi il contesto sociale e le motivazioni sottostanti allo svilupparsi di certa violenza giovanile possano spesso essere differenti.fiction italy moving-mountains-20206 s Grazia441 187 Read

"Riccetto e dintorni"

"Il tentativo di dar voce diretta, non mediata dallÂ’autore, a una classe sociale geneticamente esclusa dalla letteratura, ha dato origine a una scrittura sperimentale"(*)
Pasolini registra il linguaggio del borgataro e facendo un lavoro di cesello lo rende letteratura. La lingua, i modi di dire idiomatici, l'assenza di contenuti, la povertà della comunicazione che si fa sostanza di un modo di vivere.

"L’assunzione del «parlato» dei personaggi come lingua è dichiaratamente un uso verghiano del dialetto, adozione dell’indiretto libero che porta il narratore a regredire nei personaggi e a imitarne il modo di parlare. Pasolini usa quella lingua «regredita» per raccontare le disavventure del Riccetto e dei suoi amici, e così si impedisce una posizione super partes , psicologica e morale."
Quasi una rappresentazione in presa diretta. Assolutamente cinematografico.

"Il Riccetto è un protagonista-pretesto, una figura di servizio per la descrizione delle borgate e del sottoproletariato romano."(*)
L'evoluzione del Riccetto, un borgataro per tutti.
Prima ripresa scenica: Riccetto si lancia senza indugio per aiutare una rondinella che sta per affogare.
Ripresa finale: Riccetto indurito che non fa nulla per salvare un ragazzino che annega.
Sintesi dell'evoluzione di una vita di espedienti, vita da sbandato senza guida o educazione, ragazzino lasciato crescere allo stato brado in un mondo dove l'imperativo è arrangiarsi, sopravvivere, fregare il prossimo.

"Con il senno di poi si può dire che a far scandalo non fu tanto il lessico forte del libro, ma l’idea stessa di rendere protagonista, con il suo dialetto e la sua cultura, il popolo delle borgate. La dignità letteraria che veniva conferita alla parte più bassa e disonorevole della nostra società offendeva i benpensanti e l’idea che essi avevano della letteratura."(*)
E questo è l'indubbio valore del libro.

Ho apprezzato l'idea. La resa. La scelta linguistica. La volontà di rendere senza alcuna retorica la vita del ragazzino di strada.
Ma la lettura è complessa e, nonostante riesca a cogliere la bellezza e l'originalità del prodotto finale, non ne sono rimasta affascinata.
Dubito leggerò altro di Pasolini.

(*)Dalla prefazione di Vincenzo Cerami edizione Garzanti6 s Giovanna288 35

Questo libro è un faro puntato su un'umanità di solito trascurata.E' la voce del sottoproletariato delle periferie romane, che conduce una vita di seconda categoria,che costituisce un universo parallelo a quello della Roma borghese della dolce vita che si svolge nelle vie illuminate e nei locali del centro.Apriamo gli occhi su un mondo di miseria,di povertà,di sporcizia,dove l'abusivismo edilizio e gli scarichi delle fabbriche piagano il paesaggio delle campagne, e le famiglie degli sfrattati vivono nelle aule e nei corridoi delle scuole occupate.
E gli occhi attraverso i quali Pasolini ci fa vedere sono quelli dei fanciulli:del Riccetto,dell'Alduccio,di Genesio,del Caciotta.
E le parole con le quali ci fa sentire i loro pensieri sono quelle del loro dialetto,il romanesco.Così li vediamo crescere,sopravvivere ad un'infanzia abbandonata,trascurata e violenta ,tra le botte prese in famiglia e quelle prese dai "grossi" per strada,trasformandosi in adolescenti duri e demotivati,che si muovono in un sottomondo pericoloso fatto di violenza,depravazione,degrado e si vendono con indifferenza per poche lire da spendere in un cinema o in un bar.
Questa vita abbandonata li rende psicologicamente ed emotivamente aridi,incapaci di vedere l'anormalità e l'ingiustizia dello squallore che li circonda,e li rende passivi,disposti ad accettare senza riflettere e senza lottare il destino che sembra aver loro riservato.Non c'è desiderio di riscatto in questi ragazzi,ma solo ottusa accettazione e incapacità di andare oltre.
Romanzo davvero bello che all'epoca ha suscitato molte polemiche ed è costato al suo autore un processo per oltraggio al pudore.1000-read 4-stelle italia ...more6 s Chik67205

Nel fiume di informazioni che ci sommerge quelle relative a PPP costituiscono un rivolo a sé: profetico, visionario, illuminato, lucido al punto che certe sue affermazioni, certi suoi tratti sono diventati meme ricorrenti.
Fondamentale buttarli a mare, ogni tanto, e ripercorrere il Pasolini scrittore. Ritrovare la forza dello scandalo delle sue parole. In un'Italia che praticava un neorealismo a volte pedagogico e in cui il borghese illuminato, il ragazzo formato sui libri, le buone maniere non mancavano comunque mai, Pasolini taglia per gli impervi prati della degradazione urbana, di ragazzi senza passato e senza futuro, e eleva a lingua letteraria il romanesco, lui friulano, la meno letteraria - forse - delle parlate italiane, più adatta all'ironia, al sarcasmo feroce, che al racconto.
Parla di un'Italia che nessuno, in quel momento, vorrebbe vedere. L'Italia che soccombe, che non ha speranze, che perde quotidianamente tutte le sue battaglie, che esita in fame, galera, morte.
Poi, d'improvviso, ricorda di essere poeta e in mezzo a immondizia, lezzo, volgarità, squallore pennella descrizioni di una città naturalmente bella, tanto bella nelle sue albe livide, nei suoi tramonti accesi da influire perfino sull'umore di questi ragazzi che tanta bellezza non la vedono mai.
Viene naturali chiedersi quali realtà, oggi, non vediamo, accecati dal presente; su quali Pasolini potremmo contare oggi.
audiolibri6 s Rosemary85 38

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