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Morte di un uomo felice de Giorgio Fontana

de Giorgio Fontana - Género: Italian
libro gratis Morte di un uomo felice

Sinopsis

Milano, estate 1981: siamo nella fase più tarda, e più feroce, della stagione terroristica in Italia. Non ancora quarantenne, Giacomo Colnaghi a Milano è un magistrato sulla linea del fronte. Coordinando un piccolo gruppo di inquirenti, indaga da tempo sulle attività di una nuova banda armata, responsabile dell'assassinio di un politico democristiano. Il dubbio e l'inquietudine lo accompagnano da sempre. Egli è intensamente cattolico, ma di una religiosità intima e tragica. È di umili origini, ma convinto che la sua riuscita personale sia la prova di vivere in una società aperta. È sposato con figli, ma i rapporti con la famiglia sono distanti e sofferti. Ha due amici carissimi, con i quali incrocia schermaglie polemiche, ama le ore incerte, le periferie, il calcio, gli incontri nelle osterie. Dall'inquietudine è avvolto anche il ricordo del padre Ernesto, che lo lasciò bambino morendo in un'azione partigiana. Quel padre che la famiglia cattolica conformista non potè mai perdonare per la sua ribellione all'ordine, la cui storia eroica Colnaghi ha sempre inseguito, per sapere, e per trattenere quell'unica persona che ha forse amato davvero, pur senza conoscerla. L'inchiesta che svolge è complessa e articolata, tra uffici di procura e covi criminali, tra interrogatori e appostamenti, e andrà a buon fine. Ma la sua coscienza aggiunge alla caccia all'uomo una corsa per capire le ragioni profonde, l'origine delle ferite che stanno attraversando il Paese...


Reseñas Varias sobre este libro



DIO SCELSE GIUDA COME TRADITORE PERCHÉ ERA IL MIGLIORE TRA GLI APOSTOLI


Caravaggio: Il bacio di Giuda.

Suggerirei questa lettura a chi sostiene che la letteratura italiana è ad altezza ombelico, rinchiusa in due camere e una cucina, col respiro corto.

Giorgio Fontana, in questo caso, mira alto, molto alto: il rapporto tra Legge e Giustizia, cioè tra le regole scritte e la legge superiore, tra la giustizia degli uomini e quella di dio, tra terreno e divino.
Attraverso il racconto di un magistrato che nella Milano degli anni di piombo indaga sul terrorismo rosso e si chiede se sia così facile condannare i responsabili, se basti distinguere i colpevoli dagli innocenti, che si chiede come si reagisce alla morte di un padre ammazzato senza cedere al desiderio di vendetta.


Antony Gormly, PROP II, 2012.

E si mira alto anche nel secondo tema che percorre il romanzo: l’eredità paterna. In questo caso, quella di un padre partigiano a un figlio magistrato (il protagonista Giacomo Colnaghi). Che senso dell’impegno e dello Stato passa (è trasmesso) da uno all’altro?

Ho letto solo cose buone su questo libro, che mi è stato suggerito da un’amica (lettrice consapevole).
Tuttavia, per me si è trattato di una delusione per la maggior parte della lettura.
Perché la scrittura mi appariva più diligente che ispirata, più perfettina che matura.
Perché il racconto ambientato durante il fascismo, nonostante lo sforzo di Fontana di scegliere quella parte della Resistenza probabilmente meno nota, quella di retrovia (di volantini e sabotaggi, di scioperi e lotta di fabbrica), invece dello scontro armato che è l’immaginario più diffuso sui partigiani, cade comunque nello stereotipo, non foss’altro quello di dare per scontata una divisione manichea che deriva secondo me dal punto di vista di chi è venuto dopo e a quei fatti guarda con la distanza della storia ormai assodata.
Perché i flashback sono banalmente in corsivo, ben separati dalla narrazione del presente, e non ho potuto fare a meno di pensare quanto sullo stesso artificio, il salto temporale in avanti e/o indietro, il cinema abbia fatto passi da giganti rispetto alla letteratura.
Perché nel lavoro del protagonista io speravo emergessero aspetti giuridici e tecnici invece che unicamente filosofici.



Perché non sentivo affatto la necessità di fare del protagonista, che si pone interrogativi alti e pregni, oltre che un credente, addirittura un uomo di fede cattolica abbastanza rigorosa (la messa - le amicizie con i sacerdoti, lui stesso spesso paragonato a un prete dagli amici, anzi, qualcuno addirittura gli dice che sarebbe stata la carriera più giusta per lui – le preghiere serali in ginocchio accanto al letto – la giornata annuale dedicata alla penitenza, al recupero delle colpe), un’inutile irritante sovrastruttura a mio avviso.
Perché il parallelo col padre sembrava schematico: il primo morto ammazzato dai fascisti, il secondo morto ammazzato dai brigatisti.
Perché le figure femminili mi sono apparse rigide e schematiche, così come l’ambiente familiare.



Una delusione parziale, non totale.
Infatti, è comunque bello quest’uomo innamorato del suo lavoro, un partigiano della giustizia, uomo felice come nel titolo (bello il titolo!), perché, per quanto combattuto, la sua professione lo assorbe al punto da farlo sorridere. E viene da pensare che avesse un sorriso in volto anche quando viene ammazzato.
Ed è comunque bella la sua tensione verso il figlio di otto anni, col quale non riesce a trovare un dialogo, e ne sente la mancanza, ne vive la responsabilità - sente di appartenere più alla generazione che lo ha preceduto che a quella che lo segue, più simile al padre partigiano che al figlio, creatura diversa da quelle cui lui è abituato.
Ed è bello che Colnaghi voglia essere all’altezza del padre, sia a sua volta come padre che come cittadino, all’altezza delle aspettative che il genitore avrebbe potuto avere se non fosse morto così presto: lo avrebbe considerato uno schiavo dello Stato dei padroni oppure un uomo giusto, schierato dalla parte del giusto?



Poi succede che sul finale, o meglio, sui finali, sia quello che riguarda il Colnaghi partigiano sia quello che riguarda il Colnaghi magistrato, Giorgio Fontana trovi un salto di scrittura, sia la narrazione che il modo di presentarla s’innalzano.
E allora, alla fine, Fontana raggiunge quell’altezza che si era prefissa.
O, almeno, quella che io penso si sia prefissa.

Giuda era stato scelto come traditore da dio perché il migliore tra gli apostoli. Un ruolo del genere poteva spettare solo a un uomo in grado di reggere il peso del tradimento.


Arthur Loureiro: Morte di Burke, 1892.italiana140 s Roberto627 1 follower


Partigiani e brigatisti rossi

Italia, fine anni settanta. Un periodo duro, di contestazioni, di estremizzazione della dialettica politica che si tradusse in attentati terroristici, di esecuzioni e gambizzazioni.

In questo difficile contesto opera il protagonista del romanzo, un magistrato che indaga sul terrorismo rosso, un tranquillo uomo sposato, con un figlio, cattolico praticante.

La narrazione alterna capitoli dove si descrive la sua storia e capitoli che parlano del padre, partigiano ucciso dai fascisti. Probabilmente il racconto intrecciato vuole sottolineare la diversità tra i partigiani veri, quelli degli anni quaranta, e i brigatisti rossi, il cui operato è stato associato da qualcuno a quello dei partigiani.

Tanti temi sono accostati nel libro: famiglia, morale, stato, terrorismo, giustizia, padri e figli, libertà, diritti. Forse troppi. Tanto che ho fatto fatica a focalizzare esattamente dove l'autore volesse andare a parare. Credo che il libro voglia sottolineare che l'eroismo non stia nell'eccezionalità, bensì nella normalità, nel fare bene il proprio lavoro, nell'essere all'altezza dei compiti che ci vengono assegnati senza cedere all'influenza di chi ci vorrebbe usare e strumentalizzare. E il ruolo dei magistrati, di conseguenza, è quello di cercare genuinamente di sforzarsi di capire i fatti e di applicare la legge, senza cedere alle strumentalizzazioni, magari sacrificando la propria stessa vita per riuscirci.

"Se avesse avuto il coraggio di aprire la bocca e cominciare, qualcuno lo avrebbe ascoltato: e più invecchiava, più coltivava l'idea che ascoltare un uomo significa cominciare a salvarlo"

Tuttavia se da una parte lo schema, i temi e le riflessioni sulla giustizia sono interessanti, lo svolgimento è a mio parere invece abbastanza deficitario.

La descrizione degli anni di piombo, iperpoliticizzati, è piuttosto debole. Il clima di quel periodo, travagliato, combattuto, urlato, contestato, diventa qui pulito, semplice, ordinato, monotono, noioso. Ho trovato banali e abbastanza inutili e scontati molti dialoghi e molti dettagli insignificanti, i treni, i bar di periferia, il monolocale, la bicicletta, la trattoria. E il protagonista, uomo di mezza età, è caratterizzato in modo improbabile tanto da assomigliare più a un prete di periferia che a un magistrato negli anni di piombo.
Da salvare, direi, il finale. Anche se è abbastanza prevedibile.

Tirando le somme, mi sembra che il romanzo contenga idee interessanti, ma sconti una scrittura ancora abbastanza acerba. Ossia c'è la sostanza ma è carente la forma.
Manca qualcosa, per renderlo veramente interessante.italia17 s Simona936 210

Nella Milano non ancora "da bere", nella Milano a cavallo tra gli anni '70 e gli anni '80, si svolgono le vicende di un uomo che non vuole piegarsi all'ira.

"Ricordate, noi non dobbiamo essere gli uomini dell'ira"

Quello che evince non sono solo gli anni di piombo, gli anni delle Brigate Rosse, ma soprattutto l'inquietudine e la solitudine di un uomo, della sua vita contraddistinta da valori, da orari impossibili e da una vita famigliare in crisi. Un uomo che non si è piegato all'ira, alla vendetta, che conosce la compassione e la solidarietà umana. Un uomo, la la cui storia si lega indissolubilmente a quella del padre che non ha mai conosciuto segnandolo per sempre fino all'epilogo che accomuna entrambi in nome di una giustizia più equa.

"Ma nelle lunghe sere della sua adolescenza, a Colnaghi piaceva pensare che suo padre fosse morto semplicemente perché amava suo figlio". 14 s paper0r0ss0648 49

Qualcosa si muove nel panorama letterario italiano contemporaneo! Un discreto libro questo, pur con qualche difetto, che ha l'indubbio merito di narrare una storia. Una storia che non e' la solita solfa giovanilistico-nostalgica (che ammorba da anni anche il cinema italiano) ma che tenta addirittura un serio confronto generazionale e una riflessione sulla deontologia e il dovere. Dovere verso la societa' e verso la propria famiglia. Il risultato e' disomogeneo: per piu' di meta' libro, le promesse sembrano trovare il giusto sbocco, ma poi si precipita invece verso una stanca seconda parte, troppo telefonata e ripetitiva. Nel complesso un libro che merita attenzione.letteratura-italiana11 s Annalisa185 36

Sempre difficile esprimere un giudizio subito dopo la lettura: la mia esperienza per questo libro è veramente positiva. Certo si può parlare di limiti o di qualche manchevolezza nel tratteggio dei personaggi o nella trama in sé, ma io trovo giustificatissimo il premio che ha ricevuto perché affronta temi importanti, tra cui quello del senso della giustizia e del suo valore in uno Stato di diritto, storie irrisolte della nostra Storia con un tono pacato, medio (ma non mediocre) come il suo personaggio, ma anche abbastanza lucido e razionale, con punte per me alte come nei capitoli finali.2019 italiana9 s natura413 49

Impresionante la vida de este "hombre feliz", tan humano, tan imperfecto y tan indefenso. No es una biografía novelada, pero nos lo parece. Giacomo Colnaghi es un personaje que reune rasgos de personas reales, y un discurso sobre la violencia y la justicia que sigue siendo de maldita actualidad cada día en cada país europeo. Alguien con dudas, con fe, con ganas de cambiar las cosas por medio del pensamiento, no de la represión y la brutalidad.
Tanto la historia de su padre, no demasiado original para la mayoría de los europeos occidentales que conocen su propia Historia, como su propia trayectoria, nos remueven conceptos y vivencias propias que siguen sin resolver, pero que debemos seguir sacando a la luz aunque solo sea para hablarlas. Ese afan de hacer bien su trabajo, más allá de lo que dictan las normas del bien y el mal, premio/castigo, aún a costa de su vida familiar, llega al lector sin florituras y en su cruda realidad.
El final, ya conocido desde el título, no por inevitable resulta menos triste. Solo te queda el consuelo de que Giacomo, con todo, ha sido un hombre feliz.8 s Chik67203

Giallo filosofico, diciamo così, in cui la dimensione gialla è esile, la riflessione filosofica sulla giustizia un po' banalotta e il protagonista perfetto per una fiction su Rai1 e poco più. Salva il libro un'avvolgente aura di malinconia e una decente ricostruzione dell'atmosfera della Milano dei primi anni '80. Un po' poco.delusioni gialli8 s Filippo Bossolino243 32

Un romanzo andrebbe valutato per quello che è, per ciò che trasmette, per come è scritto. E in questo caso dovrei assegnare a Morte di un uomo felice il massimo dei voti. Scrittura finissima senza essere leziosa, ricercata al punto giusto senza essere saccente, con alcuni passaggi che ti vien voglia di sottolineare e riprendere in seguito. L'argomento e la trama sono i classici che - secondo me - si prestano ad eccessi di buonismo, o comunque rischiano pericolosi sentieri melliflui se non controllati. Ma tutto questo non avviene perché anche in questo caso però non si scende nell'eccesso. E non si arriva nemmeno alla sensazione in cui si avverte che si sta per tirare il freno a mano. Scorrevolissimo. E onesto. Quasi semplice, per certi versi, che è gran dote. Si potrebbe poi discutere ore sull'abilità, lo studio e l'impegno profuso per trattare temi così intensi con assoluta credibilità e consapevolezza. Non lo faccio in quanto non esperto della questione. Così come non sono esperto di Milano; ma la descrizione minuziosa della periferia e di certe zone la paragono soltanto alla Milano di Duca Lamberti, distante temporalmente una quindicina di anni, ma assolutamente vicina nelle sensazioni tanto da percepire il campanello di un tram o il rumore fastidioso di una zanzara dietro la testa.

Se poi penso - per tornare all'inizio del discorso - che un romanzo del genere l'ha scritto un ragazzo di poco più di trent'anni (e che non è il primo romanzo) rimango senza fiato, e mi convinco di aver incontrato un autore su cui poter contare per tanto tempo7 s Gianluca28 1 follower

Raramente mi cimento nella recensione di un libro, ma in questo caso non posso esimermi dal farlo.
Il libro é estremamente accattivante, nello stile del miglior Carofiglio, si legge tutto di un fiato, ma soprattutto ti spinge a ragionare sulla storia dell'Italia degli anni 70, e sul concetto del bene e del male "assoluto".

Paradossalmente proprio questa mattina mi sono trovato a chiacchierare con mio figlio (10 anni) sui modi di esprimere se stessi e le proprie idee, oggi ancor più consapevole, da padre, della responsabilità di indirizzare i nostri figli verso una "non violenta" affermazione di se stessi e delle proprie idee.

Lettura consigliatissima!7 s Dolceluna ?1,141 66

Eccolo qua, il mio secondo incontro con Giorgio Fontana, del quale avevo tanto amato “Prima di noi”, una delle mie letture più entusiasmanti dell’anno scorso. Devo confermarlo, c’è stoffa in tutto, nella scrittura lieve e intimista, nel tratto ben delineato del protagonista, nell’impianto stesso della trama che, per quanto povera di azioni concrete, riesce a trasportare il lettore. Rispetto a “Prima di noi”, tuttavia, il romanzo è più breve e più incentrato, nonostante i richiami al padre, su un'unica figura, quella di Giacomo Colnaghi, un magistrato che indaga sulle azioni di una banda armata, responsabile dell’assassinio di un politico democristiano: un uomo inquieto e profondamente cattolico, desideroso, più che di punire, di capire le motivazioni che stanno dietro a certe azioni, di costruire ponti, di non rispondere mai con la violenza alla violenza. Un personaggio più unico che raro per il periodo di ambientazione del romanzo, i turbolenti anni di piombo nella cupa Milano del 1981. Le sue indagini, non facili, e le sue riflessioni sul sistema giudiziario e sui rapporti tra legge (umana) e giustizia (divina), si alternano ai ricordi del padre, ribelle partigiano ucciso dai fascisti.
In definitiva, è un buon libro, forse con una scrittura un poco più acerba e un respiro meno ampio di quelli che troviamo in “Prima di noi” , ma capace di rendere perfettamente il clima grigio e ribelle della Milano degli anni di piombo e di sollevare interrogativi di non facile portata.
narrativa-italiana7 s Marcello S560 243

1981: l’estate torrida di un magistrato in una Milano ancora di piombo e non ancora da bere. Una vita ordinaria, semplice, divisa tra le indagini, la famiglia e le solitarie camminate notturne.
Piacevole spostarsi a fianco del protagonista in questa Milano d’annata ma topograficamente abbastanza identica a quella odierna.

In parallelo scorre la vita del padre, partigiano, che Giacomo Colnaghi, il protagonista, non ha fatto in tempo a conoscere. Due vite diverse e lontane ma dall’epilogo simile.

Certi tratti di Colnaghi mi hanno fatto pensare all’avvocato Guerrieri dell’ex compagno di scuderia Carofiglio.
Ecco, Colnaghi è un po’ più democristiano e meno seduttore.

La scrittura è sapiente e fluida (pensando anche alla relativa giovane età dell’autore) anche se un po’ troppo compassata. Il libro si legge veloce ma ho notato una certa mancanza di incisività, di guizzi narrativi.
In ogni caso un autore su cui puntare, anche per il futuro. [69/100]6 s Luca111

Colpisce come Fontana, nato nel 1981, riesca a descrivere nei dettagli il clima del mondo cattolico postconciliare dei primi anni Settanta e il suo rapporto con il terrorismo come risposta sbagliata a istanze di giustizia.
La maturazione personale di Giacomo Colnaghi viene così a coincidere con quella di una parte importante del Paese, che ho avuto modo di incontrare e di apprezzare.
Un libro importante, che sotto la forma del romanzo ci permette di conoscere e confrontarci con un punto nodale della storia recente del nostro Paesenarrativa-italiana6 s Moreninha593 20

Aunque en principio me pareció un poco sosa esta novela que inicié pensando que era género negro, finalmente me ha conmovido profundamente. Es la semblanza, muy bien narrada, de un hombre normal, inteligente, muy conservador en lo personal, muy solidario en lo social. El autor ha conseguido que me interese su obra, sin ningún fuego de artificio, (que a mí me gustan, la verdad) sino mediante la exposición de una verdad desnuda, de una honestidad sin presunción ni alarde. Leeré su otra novela, merece la pena.6 s Elalma811 87

Bella questa storia di un giudice che non vuole giudicare, che "non può sopportare la presenza stessa del male". Non per utopia, piuttosto per fede, per amore di suo padre partigiano, della giustizia, vuole capire le ragioni, le radici stesse della violenza che hanno martoriato l'Italia negli anni bui del terrorismo. Uno stile partecipe eppure distaccato, una città, Milano, che si fatica a ricordare così: là in quelle periferie dove c'erano palazzoni dimessi e vecchi bar e spacciatori ora ci sono vie modaiole, open space ristrutturati e giovani trafelati. Sembra così lontano, eppure così dolorosamente presente: erano passati trentacinque anni allora dalla liberazione dal fascismo e sono passati trentacinque anni ora da quegli anni tardi del terrorismo, che sembravano non finire mai.
italiana5 s Malacorda533 300

Mi è piaciuto, è ben scritto, tratta temi importanti in maniera non certo approssimativa. Però, come hanno scritto altri nelle recensioni, riconosco che manca 'un qualcosa'.
La storia è volutamente semplice perché intende parlare di persone reali e non di eroi. In un certo qual modo riprende un discorso che ho letto poco tempo fa nel libro di Arpino, 'L'ombra delle colline': Arpino fa dire al suo protagonista che "il partigiano onesto, l'uomo onesto, è stato un tale che a un bel momento ha creduto giusto di smetterla di rafficare, e oggi è un talaltro che rimpiange giorno e notte di non aver rafficato abbastanza"; qui il discorso viene portato cronologicamente in avanti perché si parla del problema di morire per un ideale, e in maniera del tutto speculare, dell'uccidere a causa di un ideale: come andava questa cosa durante la Resistenza, e come è andata che si sia ripetuto un fenomeno - secondo certuni assimilabile, e anche secondo il protagonista - durante gli anni di piombo, dove partendo da idee giuste si è arrivati a soluzioni completamente sbagliate.
Il protagonista Giacomo Colnaghi, sostituto procuratore a Milano, è una figura con cui si entra subito in sintonia. La descrizione delle sue giornate, in una Milano estiva e insolitamente tranquilla e silenziosa nel 1981, è il punto di partenza per diversi racconti e riflessioni.
Dunque gli elementi di cui si compone il racconto sono
- La vita quotidiana di Colnaghi, la famiglia, gli amici e il lavoro a Palazzo di Giustizia;
- La riflessioni sulla giustizia, il suo ruolo, il suo funzionamento, il suo significato; non solo la giustizia degli uomini ma anche quella divina e quella della coscienza del singolo;
- Il racconto della storia del padre, partigiano durante la Resistenza, che lo stesso Giacomo Colnaghi prova a ricostruire e a raccontarsi per restituire a sé stesso una immagine a tutto tondo del padre che non ha mai conosciuto. La guerra e la Resistenza vengono però raccontati anche come una sorta di 'antefatto' dell'Italia degli anni 70 e 80;
- L'atmosfera di tensione degli anni di piombo;
Si sente in effetti la mancanza di un ulteriore collante, che tenga insieme e possa meglio amalgamare le parti del racconto, un qualcosa che gli dia una maggiore profondità, una ulteriore prospettiva. A tale scopo il dettaglio del bigliettino che Colnaghi si porta dietro come un amuleto, è commovente ma forse non sufficiente. Comunque un ottimo libro, pur nella sua brevità, ricco di spunti e riflessioni, e con una significativa attività di ricerca alle spalle della stesura. campiello4 s Roberta1,411 128

Noi non dobbiamo essere gli uomini dell'ira

Morte di un uomo felice parla degli anni di piombo e di un magistrato, Giacomo Colnaghi, che ci viene presentato come un uomo al servizio della giustizia piuttosto che dello stato, un uomo lacerato dai dubbi, che deve condannare i terroristi ma non può fare a meno di porsi delle domande su di loro e sulle loro scelte (con grande scandalo dei suoi colleghi). La storia più che l'investigazione di un omicidio (questo aspetto viene infatti solo citato di sfuggita) è una lunga riflessione del protagonista sul suo lavoro, una vera e propria vocazione (e infatti più di una persona gli fa notare che sarebbe stato meglio se avesse fatto il prete).

Quando ho acquistato questo romanzo, che ha vinto il Campiello l'anno scorso, l'ho fatto quasi controvoglia, timorosa di imbattermi nel solito romanzo che tutti elogiano e che io non capisco. Infatti è successo proprio questo: mi piace lo stile di scrittura di Fontana e ho apprezzato la scelta del tema (tanto più che l'autore è del 1981 e io, che sono nata tre anni prima, onestamente mi sento molto a disagio e persa quando si parla di terrorismo) eppure il magistrato Colnaghi non mi ha convinto per nulla.

E' questa recensione (http://www.unacasasullalbero.com/mort...) che mi ha fatto realizzare che cosa non mi piace in questo romanzo: Colnaghi è troppo compiaciuto e la narrazione troppo didascalica.
Il magistrato Colnaghi nonostante i suoi dubbi e le sue contraddizioni, è palesemente convinto di avere la verità in tasca (in breve, la filosofia sopra riportata, il non essere uomini dell'ira) e cerca di convertire ogni persona che incontra (e anche noi lettori) con grandi spiegoni, ponendosi come esempio e incarnazione di perfetto candidato per il terrorismo che invece decide di diventare magistrato e servire gli umili e gli oppressi in modo costruttivo. Fontana vuole proporci un eroe positivo, tentativo senza dubbio encomiabile, ma il risultato è un po' troppo patinato, poco verosimile e per quel che mi riguarda anche poco coinvolgente ed eccessivamente condiscendente.

Peccato perché le tematiche (il rapporto padre-figlio, il passato che ritorna e con cui dobbiamo confrontarci, il rapporto tra forze dell'ordine e rivoluzionari) sono ovviamente meritevoli e interessanti. 2015 italiano storico4 s Cosimo430

L'amore che non giudica

“Se avesse avuto il coraggio di aprire la bocca e cominciare, qualcuno lo avrebbe ascoltato: e più invecchiava, più coltivava l'idea che ascoltare un uomo significa cominciare a salvarlo”.

Romanzo civile della linea lombarda, questo libro si inserisce in una tradizione morale di eroi borghesi, facendo del tema della giustizia l'oggetto del narrare: le parole ne incarnano la pratica e il senso comune, gli scarti, gli sforzi per comprendere, il sentimento che le è sposo. Al centro della storia quindi un uomo e il suo esistere, il rigore morale degli uomini dello Stato, la loro solitudine, la loro delicata fermezza e l'inevitabile malinconia delle loro vite private. Un giudice riflessivo viene ritratto nella sua lotta per rimanere integro, saper ricompensare, ristabilire per quanto possibile un equilibrio perso, frantumato dal lutto, per riparare quel dolore che la violenza reca con sé. Poiché la salvezza sta nel racconto, nella memoria, ecco inseguirci un'altra narrazione, quella del padre partigiano e del suo gruppo d'azione, di un'ideale vitale e superiore. Opponendosi alla repressione della dittatura o alla rabbia e alla vendetta, questi eroi, predestinati e involontari, vanno incontro impreparati alla loro morte felice.

“E tutte le tue azioni e le tue parole, ogni verità, ogni bugia, muoiono nell'amore che non giudica”.
Dylan Thomas4 s Frabe1,095 46

Intanto, la scrittura: è didascalica, piatta - o movimentata da dettagli insignificanti -, dunque poco gradevole, per me. Poi i contenuti: nel 1981 Giacomo Colnaghi è un magistrato del Tribunale di Milano che si occupa di terrorismo; essendo credente (della sottospecie “cattolico indipendente”), ha due grossi problemi: il primo sta nella difficoltà sovrumana di conciliare la bontà e la giustizia divina, e qui una teologa lo conforta, gli spiega che per il Dio della Bibbia (quello che, a quanto si legge, punisce a tutto spiano, anche orrendamente) “la giustizia è misericordia”; il secondo, più pressante per via del suo lavoro, sta nel conciliare la bontà e la giustizia degli uomini: e qui ?? pure più dura, perché lui - informa Fontana - “se ne avesse avuto la possibilità avrebbe salvato tutti, dal primo all’ultimo” - ma un magistrato non può, accidenti, sicché è dibattuto… E però, nonostante i problemi (qualcuno, minore, anche in famiglia), Giacomo Colnaghi è comunque felice: per il sostegno della fede, sembra di capire, e perché appagato dalla possibilità di “contribuire anche minimamente a creare un ordine giusto”. Quando poi muore, ammazzato dai terroristi, ha il tempo di rivolgere, serenamente, un pensiero a tutti i suoi cari, l’ultimo al padre (intercalata, nel romanzo c’è anche la sua storia, di partigiano ammazzato dai fascisti): “Ciao, papà, non vedo l’ora di incontrarti, so che non avrei dovuto morire in questo modo atroce e lasciare la mamma da sola, ma è andata così. Ho fatto bene? Sei fiero di me? Io di te lo sono sempre stato…” Va be’, si è capito: contrariamente ai giudici del Campiello, non ho proprio gradito.3 s Annelie Bernar192 34

Giacomo Colnaghi, magistrato, sta indagando da tempo sulle attività di una nuova banda armata, responsabile dell'assassinio di un politico democristiano.Siamo nell'81, a Milano, nella fase più feroce della stagione terroristica italiana.Fontana racconta la vita familiare e professionale di questo magistrato, cattolico e attraversato, nello svolgimento della sua attività, da continui dubbi.Un magistrato anomalo (il suo amico ad un certo punto gli suggerisce : ma perchè non hai fatto il prete?) ,profondamente umano, con la sua difficoltà a conciliare i doveri verso la famiglia e verso lo Stato.L'autore racconta magistralmente questa inquietudine che il protagonista si porta dentro, mettendo in parallelo la sua vita con quella del padre,partigiano, ucciso durante una spedizione, ma anche la situazione della madre,rimasta vedova con due bimbi piccoli, e la moglie, forse destinata a subire la stessa fine.Il desiderio di dare un senso alla propria vita, anche a costo di perderla, da una parte, e la volontà di salvare la famiglia dall'altra.Un libro che pone parecchie riflessioni e domande, senza aver la pretesa di dare delle risposte.Una storia molto cruda, intensa, che coinvolge il lettore e lo tiene incollato fino all'ultima pagina, in un finale già scritto tra le righe all'inizio, ineluttabile come la morte che abbraccia e accomuna infine padre e figlio.3 s Gordon641

Set in the early 80s in Italy during the time of the Brigate Rosse - Red Brigade, Giorgio Fontana tells the story of a prosecuting attorney, Giacomo Calnaghi, from Milano tracking down the assassins of a recent terrorist-related murder. The story flips back and forth to Giacomo's childhood and his father's years as a factory worker and partisan in WWII. The story is rich in images and debate. The latter debate is based on the attorney's idealistic view of equitable justice and its purpose in ending the vicious circle of violence and vendetta against that of the self-proclaimed "combatant proletariats" who believe the only way to change the government is through the blood of innocents. Wonderful prose. I hope this gets translated into English as the theme is analogous to many of the European-origin terrorist movements of the 60s to 80s.historical-fiction2 s Nelliamoci584 107

Colnaghi, magistrato, lotta contro la stagione terroristica degli anni Ottanta in Italia, più nello specifico a Milano. Suo padre, nel lontano ’44, lottò contro i soprusi e le violenze del nazifascismo, una scelta che gli costò la vita e lasciò il figlio a sognare sull’identità eroica (per alcuni, solo sopravvalutata) del genitore. Epoche diverse ma lo stesso desiderio nel cuore di reagire, di far sentire la propria voce, di cercare un modo corretto per distruggere il male, il nemico. Ma esiste veramente un modo innocente per punire e castigare?

https://justanotherpoint.wordpress.co...2 s Alberto Delgado610 121

A falta de leer la última novela de Fernando Aramburu en cada capitulo de esta pensaba cuando un escritor español publicaría una obra como esta en la que se contara el terrorismo de ETA de una forma mas brillante y a la vez escalofriante. Si cambiamos las brigadas rojas por ETA y la historia del padre situada en la segunda guerra mundial por la guerra civil española y es que creeriamos que nos estaban contando un libro de lo ocurrido en nuestro pais. La recomiendo sin duda.2 s LauraT1,175 84

Bellissimo libro più che sull’Italia degli anni di piombo, sulla visione personale di un uomo che ha voluto, fino in fondo, fare il proprio dovere. Perché ci credeva; perché le “brave persone” ritengono che fare il proprio dovere non sia eroico, ma solo normale. Se poi si vive all’ombra di un padre partigiano, le cose sono ancora più difficili…
Io devo dire che quegli anni, anche se li ho vissuti (celeberrimo l’aneddoto del mio 10° compleanno – 9 maggio 1978 - quando invece che viziarmi tutti gli adulti, genitori, zii, maestre di scuola, parlavano di un tale trovato nel bagagliaio di una R4…), li ricordo poco e con poca angoscia. Ero, per fortuna, troppo piccola. Credo però, senza averlo studiato o approfondito, che molte colpe ce l’abbia lo “stato”, che sfruttò un manipolo di ragazzi esaltati, deviati da cattivo studio e peggiori maestri, per poter istituire una gestione perlomeno autoritaria di una massa di persone che, se avessero acquisito la consapevolezza che il benessere e l’istruzione finalmente quasi generalizzata poteva finalmente fornire, avrebbe sul serio potuto diventare pericolosa e rivoluzionaria. Così l’hanno traghettata dall’ignoranza al berlusconismo. Complimenti agli architetti…

«Quando sbaglia un cuoco la pasta viene uno schifo, quando sbagliamo noi vanno in prigione degli innocenti». Ecco, questo era il mio discorso quando provavo a spiegare ai miei perchè avessi preso lingue e non medicina...

«Non ti piaccio, è inutile girarci intorno. Non piaccio davvero a nessuno dei due». Si morse un labbro. «Lo sapete, è un problema nostro, e... Non è facile, ecco. E voi questo non potete capirlo».
«Ragazza mia...», cominciò Micillo.
«Non mi chiamare ragazza. Lo sai che non mi piace se mi chiamano così». PiGi questo è per te!!!

Colnaghi estrasse il biglietto dal portafoglio, lo rilesse, lo passò con cautela sul viso e sulle labbra. Non importava nient'altro: bastavano quelle parole a confermargli, ogni volta, che era stato un genitore e un marito migliore di lui. come lo capisco, avere un padre inarrivabile come esempio può essere frustrante! Oh come lo capisco. Avere un padre enorme è una bellezza e, allo stesso tempo, una maledizione

indicava la strategia che i terroristi ormai avevano assunto: colpire i buoni, colpire i migliori - quelli che nella loro logica fornivano un alibi allo Stato

«Sciocchezze», lo interruppe lei facendo ricadere la mano destra nel vuoto. «Il Dio della Bibbia è sempre il medesimo, ovunque, e non c'è passo dell'Antico Testamento che non sia pieno della stessa ispirazione: la giustizia è misericordia. Tsedaqah», pronunciò, gustando la parola. «Un termine per il quale non abbiamo una traduzione corretta. La legge del taglione è soltanto un'esagerazione di alcuni aspetti severi, e probabilmente legati a tradizioni precedenti, di origine tribale. Ricorda Caino? Nel suo marchio c'è già una concezione immensa della colpa e del perdono: Dio lo segna affinchè non riceva il male che ha compiuto. Eppure, nello stesso tempo, non dimentica Abele».

«Ecco. Lei ha la sua giustizia dettata dallo Stato dei padroni, io ho la mia dettata dagli oppressi. Qual è la migliore?».
Colnaghi scosse la testa e si allungò per qualche centimetro sul tavolo. «Voi ammazzate degli innocenti», disse.
«Lo fate anche voi»
«E certo, so che la nostra democrazia è piena di ombre, di errori spaventosi. Ma con tutte le sue ombre, se non altro può migliorare: può fermare l'onda dell'odio, può farla finita con i fascisti, può combattere il male che si porta dentro. Invece l'omicidio di un uomo - di un uomo inerme, Dio mio, di un uomo colpito alle spalle - non si corregge: e non serve a nulla. Lascia solo una sofferenza incolmabile, una scia di domande che non trovano risposta».

Gli era sempre riuscito facile sistemare le cose, e vedere la bellezza negli ingranaggi bene addentellati, nei chiodi piantati secchi, nelle cerniere dei mobili che ruotavano alla perfezione: così come per la giustizia.
wishlist1 Pavlov813331 9

Cosa deve essere stato fare il magistrato in Italia negli anni di piombo, quando letteralmente avevi un bersaglio attaccato alla schiena? Il protagonista è Colnaghi, magistrato felice e innamorato del suo lavoro. È un uomo di fede che si interroga sulla legge, sulla giustizia terrena e ultraterrena. Capisce che imprigionare i terroristi non è sufficiente a risolvere il problema, lui deve capire qual è quel pensiero distorto che muove il tutto, e correggerlo, risolvendo il problema alla radice. Gli altri magistrati dissentono e più o meno bonariamente gli dicono che avrebbe fatto meglio a fare il prete. In parallelo abbiamo la pesante eredità di Colnaghi: figlio di un partigiano, non di quelli che nascosti nelle montagne pianificavano assalti, bensì di quelli di fabbrica, che si riunivano e facevano girare volantini. È quello l'uomo felice? Colnaghi padre, il partigiano? Un libro denso di riflessioni, che cerca di capire quand'è che un individuo si perde per strada e abbraccia la logica della violenza. E come capire esattamente quel momento, e intervenire lì, correggerlo.1 giulia.dellecave67 6

La storia di un idealista... o forse due.

Giacomo Colnaghi è un magistrato di 37 anni impegnato nella lotta alle brigate rosse nella Milano dell'80, pregna di attentati e morti politiche di uomini scelti come bersaglio di un gruppo che credeva di poter lanciare il proprio messaggio solo con la violenza. Era un ribellarsi contro lo Stato che il giudice conosceva bene perché, figlio di partigiano, sapeva cosa volesse dire sacrificare tutto - anche sè stessi - per una causa e, giusta o sbagliata che fosse, riteneva che il suo compito non consistesse tanto nel giudicare quanto nel capire.

Un romanzo breve, ma uno spaccato brillante su due epoche storiche sanguinolente e, ciononostante, fondamentali per noi italiani.1 Txe Polon508 43

Una novela correctamente escrita, con un paralelismo (quiasmo podríamos decir) muy claro (demasiado evidente, en realidad) entre los dos hilos argumentales: el del padre durante la IIGM y el del hijo luchando contra el terrorismo de izquierdas. Sin embargo, no deja de parecerme la novela de un autor principiante que quizás en el futuro dé obras mucho más interesantes, especialmente si deja de lado lo que más molesta en esta novela: el moralismo de un catolicismo que se cree en posesión de la panacea universal.1-italiana 2-costumista 2-guerra-bèl-lica ...more1 Antonella100 18

A me la scrittura di quest’uomo piace veramente tanto. I suoi libri potranno avere dei difetti ma a me non importa, sono in grado di tenermi compagnia come pochi altri.cinque-stelle1 Francisco García Mejía29

Una obra serena y esperanzadora. Llena de discusiones morales que hacen creer en un futuro prometedor.1 alessandra falca569 33

Un libro sul senso delle cose. Sul perché della vita. Sulle scelte. È una piacevole sorpresa leggere Giorgio Fontana. A tratti mi ha ricordato Giorgio Scerbanenco, forse per via di Milano, per gli anni in cui è ambientato il libro. Un 1981 ancora anni settanta. Una scrittura fluida. Un libro che si legge con piacere nonostante l???argomento. Bravo Fontana. Che scrive anche le storie per Topolino. Bravo.1 SCARABOOKS285 230

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